THE THEORY OF EVERYTHING

THE THEORY OF EVERYTHING

1962, Alpi Svizzere. Un convegno scientifico, una misteriosa scoperta, il dottorando Johannes che si innamora di Karin, affascinante pianista jazz che sembra sapere tante cose di lui, forse troppe. The Theory of Everything, regia di Timm Kröger e in concorso a Venezia 80, è cinema d’atmosfera, citazionista e in bilico tra vecchio e nuovo.

Cinema e mistero

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Alle estremità dello spettro, il cinema come indagine, con relative opacità e zone d’ombra, e la vita ridotta all’essenziale, all’abc. In una parola, il mistero. Ecco, il mistero è il passe-partout di The Theory of Everything, il film diretto da Timm Kröger e scritto in coppia con Roderick Warich, in concorso a Venezia 80. Immaginato al punto d’intersezione tra ambiguità esistenziali, struggimenti sentimentali e solida struttura di genere, confezionato in un elegante bianco e nero, citazionista (magari un pizzico di sottigliezza in più non avrebbe guastato), un thriller che per vocazione non si limita a frugare dentro i personaggi, no, getta lo sguardo anche intorno, che c’è molto da raccontare. Si parla di complessità della vita, una matassa infernale che non è saggio sbrogliare, va accettata com’è. Piuttosto, si tratta di combinare il vecchio e il nuovo per capire come fare a rappresentarla nella maniera più stimolante possibile per lo spettatore.

Mistero sulle Alpi svizzere

The Theory of Everything, una sequenza del film
The Theory of Everything, una sequenza del film

Cinema d’atmosfera o cinema di situazioni, l’eterna partita. Nostalgico e curiosamente proiettato verso il futuro, The Theory of Everything comincia un giorno qualsiasi del 1962 da qualche parte sulle Alpi Svizzere, lontani il giusto dalla civiltà e c’è un motivo. Non un posto qualunque, non gente qualunque. Un misterioso scienziato iraniano, che non si farà vedere al convegno, ha riunito i suoi colleghi per parlare di una prodigiosa scoperta scientifica che potrebbe cambiare il mondo. Sembrerebbe una “rivoluzionaria teoria di meccanica quantistica”, ma di cosa si tratti con precisione, non si sa bene.

Johannes (Jan Bülow), dottorando in fisica, arriva carico di trepidante curiosità, accompagnato dal supervisore di dottorato, il dottor Strathen (Hanns Zischler). Qui incontrano un esuberante e un po’ fastidioso collega del secondo, il professor Blumberg (Gottfried Breitfuss). Comprensibile la delusione generale alla notizia che l’ospite d’onore non c’è, ma una settimana spesata di sci sulle Alpi svizzere non è cosa da buttar via. Johannes, per la verità, è preso da altro. Lui segue Karin (Olivia Ross), affascinante ed enigmatica pianista jazz che sembra conoscerlo a fondo, il che è inspiegabile dal momento che non si sono mai visti prima. Eppure. Mistero su mistero, il quadro del film si chiarisce, cioè si complica, con implacabile metodicità. L’enigma Karin, un cadavere sepolto sotto la neve, strane nuvole lassù nel cielo, esperimenti top secret nel cuore della montagna. Cinema d’atmosfera, cinema di situazioni. The Theory of Everything ha scelto da che parte stare. Ha scelto l’atmosfera. Ha scelto il mistero.

Il mistero a tre dimensioni del film

The Theory of Everything, una scena del film
The Theory of Everything, una scena del film

Quella di Timm Kröger è quasi una professione di fede. Il “suo” mistero è una faccenda a tre dimensioni. Parte dall’interiorità del protagonista – non è dato sapere se le percezioni di Johannes siano manifestazioni di un genio al lavoro o allucinazioni di una mente deragliata – per riversarsi sul mondo intorno e addirittura contaminare il film, la sua natura oscillante e contraddittoria. Thriller, fantascienza, satira ben congegnata, storia d’amore? Non esistono risposte semplici, il mistero posa la sua ombra dappertutto. I ricordi di Johannes potrebbero essere artefatti. I segreti di Karin potrebbero nascondere una spiegazione più prosaica, la morte è un’illusione ottica. E ancora, di strane nuvole è pieno il cielo e non si hanno prove che qualcosa di bizzarro stia accadendo dentro la montagna. Ma non si può essere sicuri nemmeno del contrario. È questo il punto.

Ieri e oggi

The Theory of Everything, Gottfried Breitfuss in una scena del film
The Theory of Everything, Gottfried Breitfuss in una scena del film

La seconda parolina magica del film, buttata lì quasi per caso, svela qualcosa della natura in bilico di The Theory of Everything. È multiverso, ma il mistero della storia ci impedisce di spingerci troppo in là con le supposizioni. Timm Kröger ha nel mirino una conciliazione complicata, non impossibile, tra passato e presente (cinematografico). La confezione è decisamente dell’altro ieri, nell’eleganza anacronistica del bianco e nero, nelle struggenti sonorità, eco di sinfonie hitchcockiane firmate Bernard Herrmann (il suo compositore preferito). Citazionista all’eccesso: l’ovvio Hitchcock, angosce esistenziali e suspense, deliri onirici lynchiani, questi i padri nobili del film per bocca dello stesso regista. Ma c’è anche qualcosa della poesia malinconica di Chris Marker. Persino un omaggio caloroso, travestito da parodia, al cinema italiano di genere anni Sessanta e Settanta.

E questo è ieri, ma c’è anche l’oggi di The Theory of Everything. Che sarebbe l’esca multiverso, un enigma per la verità appena accennato, e la rivalutazione del genere inteso come forma d’arte e non passatempo di serie b per bambini di tutte le età. Nel 1962 nessuno si sarebbe sognato di prendere sul serio le ruminazioni esistenziali di un film di fantascienza. C’è poi la messa in discussione delle rappresentazioni di genere, che Jan Bülow è un modello di mascolinità vulnerabile e nervosa e Olivia Ross è musa e oggetto del desiderio, ma in pieno controllo della situazione (o almeno così pare). Peccato solo che il mistero di un film pregevole e suggestivo venga leggermente scalfito dalla difficoltà con cui il regista riesce a far sentire la sua oltre il frastuono delle ingombranti citazioni.

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Locandina

The Theory of Everything, la locandina tedesca del film

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Scheda

Titolo originale: Die Theorie von Allem
Regia: Timm Kröger
Paese/anno: Germania, Svizzera, Austria / 2023
Durata: 118’
Genere: Drammatico, Thriller
Cast: Imogen Kogge, David Bennent, Gottfried Breitfuss, Hanns Zischler, Olivia Ross, Peter Hottinger, Philippe Graber, Dana Herfurth, Dirk Böhling, Emanuel Waldburg-Zeil, Eva Maria Jost, Jan Bülow, Joey Zimmermann, Johannes Nendwich, Jonathan Wirtz, Ladina von Frisching, Marie Goyette, Martin Gressmann, Martin Müller, Paul Wolff-Plottegg, Vivienne Bayley
Sceneggiatura: Timm Kröger, Roderick Warich
Fotografia: Roland Stuprich
Montaggio: Jann Anderegg
Musiche: Diego Ramos Rodriguez, David Schweighart
Produttore: Rajko Jazbec, Lixi Frank, Viktoria Stolpe, Heino Deckert, Timm Kröger, David Bohun, Dario Schoch, Tina Börner, Sarah Born
Casa di Produzione: The Barricades, Catpics Coproductions, Ma.ja.de. Fiction, Panama Film
Distribuzione: Movies Inspired

Trailer

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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