ORIGIN

ORIGIN

Durante la visione di Origin, ciò che immediatamente salta all’occhio (e all’orecchio) dello spettatore sono innanzitutto primi e primissimi piani di volti sofferenti, di occhi pieni di lacrime, ma anche continui flashback e scene dalla vaga impronta onirica in cui i protagonisti si ritrovano a guardarsi distesi su di un letto di foglie secche, insieme a una colonna sonora praticamente onnipresente che finisce inevitabilmente per classificarsi di diritto come l’elemento più disturbante di tutto il film. In concorso all’80esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

La resilienza di una donna

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Nel 2020, la scrittrice statunitense, vincitrice del Premio Pulitzer, Isabel Wilkerson ha pubblicato il saggio Caste: The Origins of Our Discontents, in cui viene scrupolosamente analizzato il fenomeno del razzismo negli Stati Uniti fin dalle sue origini, e secondo cui lo stesso è un aspetto/conseguenza di un sistema di stratificazione sociale, di divisione in caste, che da sempre governa e organizza la nostra società. Sulle origini di tale libro, sul lungo lavoro di ricerca effettuato dalla stessa Wilkerson, e persino su alcuni avvenimenti importanti riguardanti la vita privata dell’autrice, si è concentrata la regista Ava DuVernay nel realizzare Origin, la sua ultima fatica, presentata in anteprima mondiale, in concorso, in occasione dell’80a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Nuove sfide all’orizzonte

Isabel Wilkerson (qui impersonata da un’ottima Aunjanue Ellis-Taylor) è felicemente sposata con Brett (Jon Bernthal) e si è da sempre occupata della sua anziana madre. Nel frattempo, già scrittrice di successo, la donna è solita tenere numerose conferenze in tutto il mondo in cui viene spesso trattato proprio il tema del razzismo, sovente accostato all’Olocausto. In seguito all’improvvisa morte del marito e alla dipartita, appena pochi mesi dopo, di sua madre, Isabel, dopo un primo periodo di sconforto, deciderà di buttarsi a capofitto nel lavoro, approfondendo i temi a cui si è da sempre interessata ed effettuando numerose ricerche in giro per il mondo; ricerche che la porteranno, appunto, proprio alla redazione di Caste: The Origins of Our Discontents.

(Mal)sane abitudini

Origin, Aunjanue Ellis-Taylor in un momento del film di Ava DuVernay
Origin, Aunjanue Ellis-Taylor in un momento del film di Ava DuVernay

Nel corso della sua carriera, Ava DuVernay non sempre ha soddisfatto, purtroppo, le aspettative di pubblico e critica. Basti pensare, giusto per fare qualche esempio, ai recenti Nelle pieghe del tempo (prodotto dalla Disney) e Selma – La strada per la libertà, biopic sulla vita di Martin Luther King vincitore del Premio Oscar alla Miglior Canzone (Glory di John Stephens e Lonnie Lynn). Ed è proprio agli Oscar – più che al Leone d’Oro – che un lungometraggio come questo Origin sembra guardare. Già, perché, di fatto, anche in questa occasione la regista di Long Beach sembra aver voluto a tutti i costi percorrere “sentieri sicuri” di facile presa sul pubblico (e sull’Academy) senza evitare, al contempo, una pericolosa retorica.

A tutta retorica

Durante la visione di Origin, infatti, ciò che immediatamente salta all’occhio (e all’orecchio) dello spettatore sono innanzitutto primi e primissimi piani di volti sofferenti, occhi pieni di lacrime, ma anche continui flashback e scene dalla vaga impronta onirica in cui i protagonisti si ritrovano a guardarsi distesi su di un letto di foglie secche, insieme a una colonna sonora praticamente onnipresente che finisce inevitabilmente per classificarsi di diritto come l’elemento più disturbante di tutto il film. Ed è proprio questa retorica che vuole a tutti i costi far leva sulle facili emozioni ciò che da sempre ha caratterizzato il cinema della DuVernay, la quale, a sua volta – pur dimostrando un genuino interesse nei confronti della storia messa in scena – nemmeno in questa particolare occasione veneziana ha tentato di discostarsi da determinati manierismi.

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Unico fiore all’occhiello

Origin, dunque, è innanzitutto la storia di una donna sola che lotta con tutte le sue forze al fine di far luce su uno dei mali che affliggono la nostra società. E nella sua magnetica protagonista il film vede il suo principale punto di forza, facendo immediatamente pensare addirittura a una possibile Coppa Volpi per Aunjanue Ellis-Taylor. Sarà, forse, troppo presto per prevederlo? Di sicuro, se non il Lido, l’Academy avrà modo di notarla. E questo, forse, potrebbe essere l’unico riconoscimento possibile per un lungometraggio sì dalle tematiche importanti, ma di cui, purtroppo, non ci ricorderemo ancora per molto.

Scheda

Titolo originale: Origin
Regia: Ava DuVernay
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 135’
Genere: Drammatico, Storico
Cast: Vera Farmiga, Jon Bernthal, Nick Offerman, Connie Nielsen, Finn Wittrock, Matthew Zuk, Audra McDonald, Donna Mills, Gissette Valentin, Jasmine Cephas Jones, Leonardo Nam, Niecy Nash, Aunjanue Ellis-Taylor, Blair Underwood, Emily Yancy, Isha Blaaker, Jeff Campanella, Jessica Fontaine, John Hans Tester, Victoria Pedretti
Sceneggiatura: Ava DuVernay
Fotografia: Matthew J. Lloyd
Montaggio: Spencer Averick
Musiche: Kris Bowers
Produttore: Ava DuVernay, Paul Garnes, Matthew J. Lloyd
Casa di Produzione: J4A, ARRAY Filmworks

Trailer

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Dopo la laurea in Lingue Moderne, Letterature e Scienze della Traduzione presso l’Università La Sapienza di Roma, mi sono diplomata in regia e sceneggiatura presso l’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma, con un workshop di critica cinematografica presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dal 2013 scrivo di cinema con il blog Entr’Acte, con il quotidiano Roma e con le testate CineClandestino.it, Mondospettacolo, Cabiria Magazine, e, ovviamente, Asbury Movies. Presidente del Circolo del Cinema "La Carrozza d'Oro", nel 2019 ho fondato la rivista Cinema Austriaco.

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