DALL’ALTO DI UNA FREDDA TORRE

DALL’ALTO DI UNA FREDDA TORRE

Dall’altro di una fredda torre è un dramma corale che mantiene chiaramente l’impostazione teatrale dell’omonimo spettacolo da cui è tratto: due gemelli che si ritrovano a dover compiere una scelta quasi impossibile per salvare la vita di uno dei due genitori. Se dunque la pellicola di Francesco Frangipane poggia su premesse molto interessanti e rese ottimamente dalle prove attoriali, viene nel complesso minata da una sceneggiatura che perde sostanzialmente in credibilità. Nella sezione Grand Public della 18a Edizione della Festa del Cinema di Roma.

Esistono scelte impossibili?

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“Chi butteresti giù dalla torre tra…”: sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di aver fatto questo giochetto a eliminazione simpaticamente scomodo. È ciò che succede nell’opera prima da regista di Francesco Frangipane, inizialmente per scherzo nel primo pranzo familiare cui assistiamo. Quello che sembrava però un tranquillo desinare tra genitori e figli si rivela un presagio di ciò che sta per accadere. I gemelli Antonio (Edoardo Pesce) ed Elena (Vanessa Scalera) devono infatti scegliere chi salvare tra il padre e la madre (Giorgio Colangeli e Anna Bonaiuto) affetti da una rarissima malattia: è possibile salvare solo uno dei due poiché solo Elena si dimostra compatibile per il trapianto necessario. Dall’alto di una fredda torre segue quindi il percorso che fratello e sorella affronteranno per arrivare a una scelta definitiva: un percorso fatto di confronti e tensioni, ma anche di (non) decisioni che appaiono poco logiche.

Mondi sospesi

Dall'alto di una fredda torre, Vanessa Scalera in una scena del film
Dall’alto di una fredda torre, Vanessa Scalera in una scena del film

Dall’alto di una fredda torre mantiene l’impostazione teatrale dell’opera di partenza, lo spettacolo omonimo del 2015 di Filippo Gigli, qui alla sceneggiatura. La pellicola è infatti ambientata in pochi luoghi come lo studio dei due medici (Elena RadonicichMassimiliano Benvenuto) con cui i due figli si rapportano e l’abitazione in cui avvengono i pranzi che figli e genitori consumano insieme. Questi incontri si caratterizzano per una sempre maggior tensione, in particolar modo da parte della figlia Elena, che del resto è quella che più di tutti ha in mano il destino del padre e della madre. Osserviamo cosi l’evoluzione del suo rapporto molto stretto con il fratello Antonio, vero fulcro di tutta la pellicola. La vicenda però è ambientata anche in luoghi immersi nella natura (la cascina in cui vive Antonio o in cui si muove il cavallo Dario) o borghi deserti (si riconosce infatti chiaramente Gubbio come location del film) che completano un mondo sospeso in cui sono racchiuse queste quattro figure stritolate dalla scelta che sono chiamate ad affrontare.

Credibilità

Dall'alto di una fredda torre, Edoardo Pesce e Vanessa Scalera in una scena del film
Dall’alto di una fredda torre, Edoardo Pesce e Vanessa Scalera in una scena del film

Secondo le note di regia, Dall’alto di una fredda torre avrebbe lo scopo di “affrontare l’angoscioso dilemma se sia giusto o no incidere sul destino degli altri, se sia lecito sostituirsi al fato, ponendo i protagonisti di fronte alla facoltà/responsabilità di dover decidere se far vivere e/o far morire un uomo, con tutta la questione morale e sociale che ne consegue”. Una premessa senza ombra di dubbio interessantissima che trova però sviluppi poco credibili. Molteplici sono gli aspetti in tal senso, a partire dalla scelta di non comunicare ai diretti interessati il destino che si paventa loro: se qualcuno avesse una malattia incurabile non vorrebbe saperlo e avere lui stesso la possibilità di attuare o comunque prendere parte alla decisione? Tanto più se si è legati a doppio filo alla persona amata in una situazione così estrema. A questo grande quesito si aggiunge il comportamento che i due medici attuano nei confronti di Antonio ed Elena per convincerli a intervenire, arrivando anche a pedinarli, simboleggiando il loro schiacciamento di fronte alla responsabilità. Diventa dunque difficile seguire lo scontro morale, etico, affettivo che entra in gioco tra i due gemelli il cui rapporto strettissimo, come già scritto sopra, comincia a mostrare qualche crepa.

Responsabilità disattese

Dall'alto di una fredda torre, Edoardo Pesce, Giorgio Colangeli e Anna Bonaiuto in una scena del film
Dall’alto di una fredda torre, Edoardo Pesce, Giorgio Colangeli e Anna Bonaiuto in una scena del film

Dall’alto di una fredda torre è una pellicola che tenta di scavare nell’impossibilità di elaborare una scelta. Un film sulle responsabilità che finisce poi per non assumerne nessuna e che cerca rifugio in una serie di immagini simboliche come quelle con protagonista il cavallo di Antonio, Dario (accreditato come Aragorn); un nome che è una sorta di sua umanizzazione, simbolo probabilmente della fuga dalla decisione da prendere. Le prove attoriali sono il vero motivo per cui guardare questa pellicola, tra certezze (Anna Bonaiuto, Giorgio Colangeli) o ex sorprese (Edoardo Pesce già nel Dogman di Garrone e Vanessa Scalera, attualmente apprezzabile nella serie tv in corso Imma Tataranni – Sostituto Procuratore). Alla fine dei 90 minuti di visione si rimane quindi con la sensazione rafforzata di essere in un momento storico in cui il fiore all’occhiello del cinema italiano sia rappresentato dagli attori su cui poter contare.

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Scheda

Titolo originale: Dall’alto di una fredda torre
Regia: Francesco Frangipane
Paese/anno: Italia / 2023
Durata: 90’
Genere: Drammatico
Cast: Edoardo Pesce, Giorgio Colangeli, Anna Bonaiuto, Vanessa Scalera, Elena Radonicich, Massimiliano Benvenuto
Sceneggiatura: Filippo Gili
Fotografia: Sammy Paravan
Casa di Produzione: Lucky Red, Rai Cinema
Distribuzione: Lucky Red

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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