LALA

LALA

Film che ha mutato faccia nel corso della sua realizzazione, fino a risultarne in uno stimolante intreccio di documentario, fiction e metacinema, Lala racconta l’odissea di un’adolescente rom della capitale, un figlio appena nato e una lotta quotidiana contro marginalità e discriminazioni. Un racconto, quello orchestrato dalla regista Ludovica Fales, che si fa progressivamente polifonico, intrecciando felicemente alla voce della protagonista quelle di tanti altri personaggi, reali e finzionali.

Lala Land

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L’esplorazione delle comunità rom e sinti, nel cinema italiano, è stata finora caratterizzata da pochi e sporadici episodi, perlopiù demandati al cinema indipendente. Se si eccettua la felice parentesi di A Ciambra di Jonas Carpignano – che scavava con successo nella marginalità, raccontandone le complessità, e nel frattempo aprendo una finestra sulla sua possibile comprensione – quello delle popolazioni denominate “nomadi” (con un certo grado di semplificazione) resta un po’ il grande rimosso del cinema italiano; almeno di quello mainstream. Non può quindi che essere accolto con favore – anche semplicemente a livello divulgativo e pedagogico – un esperimento come quello di questo Lala, esempio di indie italiano al confine tra documentario, fiction e metacinema, che è riuscito a trovare una sua via nelle strette maglie della distribuzione in sala. Il film di Ludovica Fales racconta la storia verosimile della giovane che gli dà il titolo, diciassettenne rom proveniente dalla Bosnia, un figlio a carico e la difficile vita in una casa occupata, senza documenti e col quotidiano rischio di vedersi togliere il bambino. La ragazza, figlia di una famiglia fuggita dalla guerra nei Balcani, dovrebbe riuscire a ottenere un documento di identità valido, per sperare di poter mantenere la custodia del figlio; un compito non facile, visto che i documenti della stessa famiglia andarono persi durante la fuga dal conflitto. Mentre sullo schermo si snoda la vicenda di Lala, seguiamo parallelamente il racconto in prima persona di Zaga, la donna a cui la sua vicenda si ispira, insieme a quello di Samanta, sua giovane interprete, e a quelli di tutti gli altri attori non professionisti del film; giovani provenienti da varie realtà rom e sinti della capitale, le cui vicende danno luogo a un mosaico che intreccia realtà, finzione e racconto autobiografico.

Un affascinante mosaico di storie

Lala. Samanta Paunkovic in un momento del film di Ludovica Fales
Lala. Samanta Paunkovic in un momento del film di Ludovica Fales

Film pensato come documentario classico, a seguito dell’incontro tra la regista e l’allora adolescente Zaga – che Fales avrebbe voluto seguire durante la sua odissea nel tentativo di ottenere un permesso di soggiorno – Lala si è poi trasformato in una sorta di work in progress, elaborazione di un laboratorio di improvvisazione teatrale durato cinque anni che ha coinvolto quelli che poi sarebbero diventati i giovani interpreti: la sua forma definitiva si è infine fissata in quella fusione tra fiction, documentario classico e metacinema che sempre più spesso (specie nel panorama indipendente) viene scelta come chiave di lettura per il racconto di realtà complesse e poco trattate. In questo senso, viene in mente un’analoga opera risalente a una decina d’anni fa – incentrata sul medesimo tema – intitolata La palestra; un lavoro autoprodotto che sceglieva una simile modalità narrativa – ma più declinata in chiave di commedia – per sviscerare il complesso microcosmo umano che gravitava intorno a un centro sportivo, gestito e frequentato da alcune persone rom di Pescara. Rispetto all’altrettanto apprezzabile film del 2012 di Francesco Calandra, quello di Ludovica Fales è tuttavia, insieme, più semplice e più complesso: la vicenda della giovane protagonista scorre infatti sullo schermo, dapprima, in modo lineare, per poi mescolarsi senza soluzione di continuità a quella del suo alter ego reale e a una selezione di “backstage” che diventano un po’ racconto dell’esperienza del set, un po’ terapia collettiva per i giovani interpreti, che riflettono su analogie e differenze dei rispettivi percorsi con quelli dei loro personaggi.

Contrasti produttivi

Lala. un'immagine del film di Ludovica Fales
Lala. un’immagine del film di Ludovica Fales

In questo processo di svelamento della finzione che – paradossalmente, ma non troppo – ne rafforza la credibilità, è difficile individuare il confine preciso tra realtà e ricostruzione, scrittura e improvvisazione; ma, come spesso accade, si tratta in fondo di un’individuazione superflua. Le storie narrate dalla protagonista, dal suo alter ego e dagli interpreti – efficacemente giustapposte alle vicende dei rispettivi personaggi – vibrano di realtà e partecipazione emotiva, in un’assenza pressoché totale di mediazioni che crea un felice contrasto col registro, a tratti lirico, scelto per le frazioni di fiction. Proprio queste ultime, animate anche da un’efficace scelta del commento musicale – tra gli autori figura la band romana Assalti Frontali, protagonista della scena hip hop degli anni ‘90 – restano sospese tra il crudo realismo nella resa della realtà di periferia, aperture liriche e quasi felliniane (la solitaria cantante vestita di bianco, tra le rovine del campo dismesso) e parentesi di carattere fiabesco, che spezzano il dramma di Lala ritagliando per lei un universo sospeso e apparentemente incontaminato: pensiamo, in particolare, all’incontro con l’anziana rom che cura un giardino a pochi passi dal campo, vero e proprio spicchio di Eden – reale e simbolico insieme – nel mezzo di un informe conglomerato di ferro e cemento. Un lirismo, quello utilizzato dalla regista, sempre funzionale al tono narrativo e agli scopi della storia, espresso a tratti in alcune finezze di regia (il volto di Zaga riflesso nella vetrina del bar in cui la protagonista si specchia) che creano un efficace contrasto col tono duro e realistico delle vicende in cui sono inserite. Ed è anche un film di contrasti, Lala – contrasti tra registri narrativi, storie, comunità e personaggi – ma di quelli produttivi, tali da portare idealmente a una (possibile) composizione: non sappiamo davvero se un altro mondo, o un altro cinema, siano possibili, ma film come questo sembrano dirci con forza che vale la pena, almeno, provarci.

Locandina

Lala. la locandina del film di Ludovica Fales
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Scheda

Titolo originale: Lala
Regia: Ludovica Fales
Paese/anno: Italia, Slovenia / 2023
Durata: 85’
Genere: Drammatico, Documentario
Cast: Fiorello Miguel Lebbiati, Ivana Nikolic, Rasid Nikolic, Samanta Paunkovic, Zaga Jovanovic
Sceneggiatura: Ludovica Fales
Fotografia: Valentina Summa
Montaggio: Adelina Bichis, Asher Tlalim
Musiche: Radio Zastava, Bruno Franceschini, Edoardo De Angelis, Assalti Frontali
Produttore: Igor Princic
Casa di Produzione: Transmedia, Staragara, Biennale College Cinema, FVG Film Fund
Distribuzione: Transmedia

Data di uscita: 25/01/2024

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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