GREEN BORDER

GREEN BORDER

In concorso all’80esima Mostra del Cinema di Venezia c’è l’ultima fatica di Agnieszka Holland, Green Border: uno spaccato durissimo sul dramma dei rifugiati al confine polacco–bielorusso, del quale spiega molto bene gli eventi da un punto di vista politico, ma con alcune lacune da quello drammaturgico.

Terra di nessuno

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Green Border si compone di quattro capitoli che si svolgono nel corso dell’ottobre del 2021, con in più un epilogo finale ambientato due anni dopo. Seguiamo infatti la storia di alcuni rifugiati di varie etnie, tra i quali spiccano Bashir (Jalal Altawil), Amina (Dalia Naous), Ghalia (Talia Ajjan) e Nur (Taim Ajjan), componenti di una famiglia siriana che cerca di raggiungere i parenti in Svezia (La famiglia); successivamente (La guardia) il film si incentra sul giovane soldato di frontiera Jan (Tomasz Wlosok) e su un gruppo di volontari (Gli attivisti) cui si aggiunge una psicologa (Maja Ostaszewska) cui è intitolata la quarta parte della pellicola (Julia). Tutte queste storie si incrociano durante l’ultima crisi umanitaria innescata dall’apertura della Bielorussia del presidente Aleksandr Lukashenkoai migranti per permetter loro, apparentemente, di entrare nell’UE ma in cui gioca un ruolo fondamentale anche Staz Graniczna, la polizia doganale polacca. Dopo essersi confrontata con produzioni europee e americane, Agnieszka Holland torna così in patria con una pellicola dal taglio documentaristico co-prodotta tra Polonia, Francia, Belgio e Repubblica Ceca.

Inciampi

Green Border, una sequenza del film di Agnieszka Holland
Green Border, una sequenza del film di Agnieszka Holland

Green Border offre una prospettiva diversa dal solito, ponendo l’attenzione su ciò che succede al di fuori dalle zone di guerra e mostrandone la complessità attraverso la dimensione interiore dei vari personaggi, e quindi delle categorie da essi esemplificati: ad esempio Bashir discute con il padre che si mette a pregare in un momento in cui sarebbe più utile la maggiore praticità del figlio che tenta di far funzionare il proprio cellulare nel poco tempo a disposizione; c’è chi giustifica l’operato della Guardia di Frontiera polacca, anche solo per un proprio trasporto emotivo (la moglie di Jan, il soldato) e chi invece lo critica essendo ben conscio di ciò che sta realmente accadendo, durante discussioni che avvengono nei rari scorci di normale quotidianità che è possibile vivere; l’aiuto ai profughi vale fin quando si agisce secondo le regole per non essere accusati di traffico illecito di esseri umani e violazione dello stato di emergenza, ma non è detto che, a conti fatti, ciò sia più efficace del muoversi secondo la propria coscienza. È però proprio in casi come quest’ultimo che vengono fuori alcuni risvolti di sceneggiatura banali che diminuiscono il significato del tutto: ad esempio l’illuminazione improvvisa della psicologa, donna comune che si ritrova catapultata suo malgrado in eventi più grandi di lei, appare raccontata in maniera infatti troppo forzata. O, ancora, alcune forme di redenzione dei personaggi chiamati in causa non vengono spiegate in maniera troppo credibile.

L’apparenza inganna

The Green Border, un'immagine del film di Agnieszka Holland
Green Border, un’immagine del film di Agnieszka Holland

La narrazione si compone di lunghi piani sequenza e di un uso totalizzante della camera a mano che a volte sembra quasi spiare (senza rinunciare a momenti che potremmo definire tranquillamente thriller) ciò che succede, ponendo attenzione anche ai particolari: l’importanza dei soldi, che possono fare la differenza per avere (apparentemente) un po’ di cibo e acqua; il peso del passato, rappresentato dalle cicatrici sul proprio corpo che incarna ciò da cui si sta fuggendo per finire in un presente fatto di vesciche e ferite ai piedi; i sogni (il riferimento a Mbappè del giovane Nur) e le illusioni di essere arrivati in una terra di salvezza, in cui in realtà si viene sballottati come “palloni da calcio” da un confine all’altro. Del “Green Border” del titolo non c’è in realtà nulla, come evidenzia la plumbea locandina della pellicola: tutto è infatti girato in un ottimo bianco e nero grazie al direttore della fotografia Tomasz Naumiuk, che trasforma il confine bielorusso–polacco in un ambiente ferino composto prevalentemente da boschi, paludi e fili spinati. Nell’osservare le vicende che si intrecciano tra loro, si intravede un senso quasi biblico, e non sono forse casuali le frequenti inquadrature del cielo e degli alberi che si stagliano su di esso, come se si cercassero risposte da quest’ultimo che però non è possibile ricevere. Le musiche di Frédéric Vercheval richiamano un po’ troppo le colonne sonore di John Williams, in particolare quella di Schindler’s List, accompagnando un’atmosfera di dilatazione degli eventi che sembra infinita non solo per chi li vive ma anche per chi li osserva.

I nuovi indesiderati d’Europa

The Green Border, un momento del film di Agnieszka Holland
Green Border, un momento del film di Agnieszka Holland

La sceneggiatura, scritta dalla regista insieme a Gabriela Lazarkiewicz–Sieczko e Maciej Pisuk, ha il pregio di basarsi su un’accurata raccolta e analisi di documenti e testimonianze che permettono di mostrare in maniera molto realistica gli eventi raccontati. Se ripensiamo ad alcune pellicole del passato della stessa Holland (Europa Europa) è come se quest’ultima volesse sottolinearci quanto sia facile che la Storia possa ripetersi nelle sue brutture a distanza anche di un tempo relativamente breve. Ma è meglio dimenticarle e far finta di nulla o usare gli eventi per creare profughi di “serie A” e profughi di “serie B”, come mostra lo sferzante capitolo finale ambientato stavolta tra i rifugiati ucraini al confine polacco? Del resto, Green Border richiama anche le atmosfere e la narrazione de Gli indesiderati d’Europa (2018) pellicola di Fabrizio Ferrario che narrava, tramite le riflessioni di Walter Benjamin, un cammino inverso fatto lungo i Pirenei da chi fuggiva dalla Germania nazista e dalla Spagna franchista all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Qui percorsi opposti non ce ne sono, ma solo un’area di guerra di confine che è in realtà una terra di nessuno dalla quale sembra impossibile fuggire. In attesa di completare il suo prossimo progetto, un film biografico su Kafka (il cui titolo, se confermato, sarà Franz), la Holland ci serve di fatto una pellicola girata bene e politicamente importante, ultimata peraltro a luglio 2023 e subito mandata in concorso alla Mostra di Venezia; qui, dopo tre anni di vittorie “rosa” (Chloé Zhao per Nomadland, Audrey Diwan per La scelta di Anne e Laura Poitras con Tutta la bellezza e il dolore) non è affatto da escludere che possa realizzarsi una quaterna tutta al femminile nella corsa al Leone d’Oro di Venezia.

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Locandina

Green Border, la locandina italiana del film di Agnieszka Holland

Gallery

Scheda

Titolo originale: Zielona granica
Regia: Agnieszka Holland
Paese/anno: Repubblica Ceca, Francia, Belgio, Germania, Polonia / 2023
Durata: 147’
Genere: Drammatico
Cast: Agata Kulesza, Behi Djanati Atai, Dalia Naous, Jalal Altawil, Jan Aleksandrowicz-Krasko, Jasmina Polak, Maciej Stuhr, Magdalena Poplawska, Maja Ostaszewska, Marta Stalmierska, Mohamed Al Rashi, Nadim Suleiman, Piotr Stramowski, Roman Skorovskiy, Tomasz Wlosok
Sceneggiatura: Gabriela Lazarkiewicz-Sieczko, Maciej Pisuk, Agnieszka Holland
Fotografia: Tomasz Naumiuk
Montaggio: Pavel Hrdlicka
Musiche: Frédéric Vercheval
Produttore: Agnieszka Holland, Sarka Cimbalova, Maria Blicharska, Fred Bernstein, Diana Elbaum, Marcin Wierzchoslawski, Simon Ofenloch, Damien McDonald, David Ragonig
Casa di Produzione: Canal+ Polska, Státní fond kinematografie, Czech Television, Sofica La Banque Postale Image 17, Centre national du cinéma et de l'image animée (CNC), Astute Films, Metro Films, ZDF/Arte, Films Boutique, Beluga Tree, Field Entertainment, Eurimages, Blick Productions, Centre du Cinéma et de l'Audiovisuel de la Fédération Wallonie-Bruxelles, European Film Academy, Marlene Film Production
Distribuzione: Movies Inspired

Data di uscita: 08/02/2024

Trailer

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

Un pensiero su “GREEN BORDER

  1. A strange review about a film that lies about the truth. First of all, there is no such thing as Syrian Refugees in Belarus. Since when does Belarus or Poland border Syria ? After 2 The film is in line with the fascist narrative of Russia which is waging a hybrid war against Poland. The film does not deal with the problem of Russia’s hybrid war against Europe on the Polish border as well as in Africa. The film is very weak, biased and propaganda. Very dangerous especially when in a situation of War right next door Russian forces specifically more than once not twice try to penetrate the border with “Refugees”. Fortunately, such groups are stopped whether in Lithuania or Poland. This is a war that is often forgotten and then buildings, plants or factories all over Europe explode. Fortunately, the Russians do not porwadz such mass extermination of people as they conducted at the beginning of the war in Ukraine.

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