IN FONDO AL BOSCO

IN FONDO AL BOSCO

Con In fondo al bosco, Stefano Lodovichi riporta dopo anni il thriller in una produzione mainstream, occhieggiando alla variante “antropologica” del genere: il risultato, al netto di qualche forzatura e incertezza di sceneggiatura, è certamente interessante, capace di fondere inquietudini metafisiche a umanissime (e attuali) miserie.

L'anima mutata

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Il 5 dicembre 2010, in un paesino sulle Dolomiti si tiene l’annuale festa dei Krampus, ricorrenza che simula l’arrivo tra i monti di entità venute a portare via i bambini. In questa occasione, però, un bambino scompare davvero: si tratta del piccolo Tommaso Conci, di 4 anni. Il bambino non viene più ritrovato, malgrado i sospetti si siano concentrati da subito sul padre Manuel Conci, alcolista e con precedenti per maltrattamenti familiari. Cinque anni dopo, nei dintorni di Napoli, viene trovato un bambino senza nome e senza documenti: il test del DNA fornisce l’incredibile rivelazione che quel bambino è proprio il figlio di Manuel. L’uomo, ancora ritenuto colpevole dalla maggior parte del paese, può finalmente liberarsi dal peso del sospetto. Ma il comportamento del bambino appare strano, mentre sua madre e suo nonno faticano a riconoscere in lui il Tommi che conoscevano. Qualcuno, in paese, sembra sapere più di quanto sia disposto ad ammettere, mentre i sospetti su Manuel si intensificano di nuovo.

In questo In fondo al bosco, prima produzione per il grande schermo targata Sky Cinema – co-prodotta dalla Onemore Pictures di Manuela Cacciamani – si è voluto riportare al grande pubblico un filone con una lunga e solida tradizione nella nostra cinematografia. Il thriller, per il cinema italiano, è infatti genere amato e storicizzato, tanto citato da appassionati e studiosi quanto poco frequentato, nella pratica, da ormai diversi decenni. Una scelta quindi in controtendenza, nell’ambito del mainstream italiano, che recupera una tradizione che, schiacciata da una produzione sempre più standardizzata, viene ormai in gran parte relegata al cinema indipendente e sommerso.

In fondo al bosco, tuttavia, è opera che non si limita all’omaggio ai tempi che furono, e a un giallo all’italiana che qui viene occhieggiato più nelle peculiarità dell’ambientazione, che potrebbe ricordare alcune pellicole di Pupi Avati, che nelle scelte narrative. Quello di Stefano Lodovichi, infatti, è un giallo che guarda soprattutto ai modelli europei e d’oltreoceano (il regista ha citato Hitchcock e Polanski tra le sue influenze) ma anche ai più recenti thriller letterari nordeuropei, affidandosi tanto alla tensione della detection (declinata tra passato e presente) quanto al carico di mistero, e fascinazione, portato dall’ambientazione.

Si coglie, nel film di Lodovichi, un legame con quell’horror “antropologico” che, nel panorama indipendente italiano, ha espresso più di un’opera interessante (ne sono esempio i recenti Controra e Janara); il peso e la suggestione di un’antica tradizione, qui, radicata nella storia di uno specifico territorio e nelle usanze locali, è centro motore della storia. In fondo al bosco innesta tuttavia tale fascinazione, colorata di digressioni che sfiorano il fantastico, su un meccanismo da thriller classico, che non disdegna i riferimenti all’attualità (lo stesso nome del bambino è un rimando esplicito a un doloroso caso di cronaca recente) e la riflessione sui media e sul loro potere di orientare, in maniera decisiva, l’opinione pubblica nei più oscuri casi di cronaca.

Qui al suo secondo lungometraggio, Lodovichi maneggia con abilità il materiale che ha a disposizione, dimostrando di saper sfruttare al meglio, a suo vantaggio, il fascino delle location. Il senso di malinconico isolamento dell’ambientazione, insieme al risaputo (ma sempre efficace) portato metaforico del bosco, sono elementi essenziali in un thriller che ha tra i suoi motivi portanti il tema della solitudine, nonché quello dei demoni interiori di ogni personaggio. Al netto di qualche ingenuità, la sceneggiatura si dimostra solida nel saper dipanare l’intreccio giallo tra passato e presente, sviando più volte lo spettatore e rivelando gradualmente le diverse facce di personaggi mai dati per scontati.

L’integrazione tra un mistery colorato di elementi simbolici e onirici (decisamente efficace, a tale proposito, l’unica vera scena horror del film) e una vicenda che affonda le sue radici in miserie e solitudini profondamente umane, viene raggiunta con sicurezza da una regia che mostra gusto e stile. Un risultato visivamente pregevole, quello raggiunto da Lodovichi, che ha il merito di ricondurre un’inquietudine atavica (rispecchiata anche nello sguardo, e nell’ottima prova, del piccolo Teo Achille Caprio) alla sua fattura umana e terrena, senza far perdere a essa il suo potenziale di suggestione.

In questo In fondo al bosco sono presenti comunque alcune forzature di sceneggiatura che appaiono più evidenti nel momento in cui la vicenda viene ricostruita nella sua interezza. Non è possibile, qui, essere più precisi senza rivelare dettagli fondamentali sull’intreccio: basti sapere, comunque, che sarebbe bastata una revisione più attenta del copione per eliminare queste – evidenti, ma in fondo non così decisive – incongruenze. Alcuni episodi, specie nel comportamento del giovane protagonista, appaiono inoltre più diretti alla costruzione dell’atmosfera (e all’effetto-shock) piuttosto che a una reale esigenza narrativa. Limiti, comunque, in qualche modo connaturati alla grammatica del genere e alle sue convenzioni, non tali da inficiare sostanzialmente la buona qualità del film.

Scheda

Titolo originale: In fondo al bosco
Regia: Stefano Lodovichi
Paese/anno: Italia / 2015
Durata: 92’
Genere: Drammatico, Thriller, Giallo
Cast: Filippo Nigro, Camilla Filippi, Luca Filippi, Alessandro Corabi, Giovanni Vettorazzo, Maria Vittoria Barrella, Roberto Gudese, Stefano Detassis, Teo Achille Caprio
Sceneggiatura: Isabella Aguilar, Stefano Lodovichi, Davide Orsini
Fotografia: Benjamin Maier
Montaggio: Roberto Di Tanna
Musiche: Riccardo Amorese
Produttore: Manuela Cacciamani
Casa di Produzione: Sky Italia, One More Pictures
Distribuzione: Notorious Pictures

Data di uscita: 19/11/2015

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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