SE MI VUOI BENE

SE MI VUOI BENE

Prendendo spunto dal suo omonimo romanzo, Fausto Brizzi cerca di mescolare in Se mi vuoi bene l'impostazione delle sue commedie con toni più riflessivi e addirittura melò; ma la mistura, seppur con qualche buona intuizione, soffre di scarso equilibrio e di una narrazione troppo spezzettata.

Chiacchiere senza distintivo

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Ha dichiarato di aver voluto girare un dramedy – o una comédie dramatique, per dirla alla francese – Fausto Brizzi, nel presentare questo suo ultimo Se mi vuoi bene. Un lavoro che il regista romano ha tratto dal suo omonimo romanzo (il secondo a non essere nato come una novelization), con cui si propone di scandagliare temi come quelli della depressione, degli affetti – familiari e non – e dell’ombra di un invecchiamento a cui resistere prendendosi cura di chi si ha intorno, magari con qualche buona azione. Buone azioni che, come recita un vecchio adagio, non restano mai impunite. Il Diego interpretato da Claudio Bisio, avvocato depresso e aspirante suicida, nelle prime battute del film si rivolge direttamente allo spettatore, secondo un vecchio e collaudato schema narrativo; seguiamo dapprima il suo grottesco tentativo di suicidio, poi l’incappare nel negozio dal curioso nome Chiacchiere, gestito da Massimiliano ed Edoardo (rispettivamente coi volti di Sergio Rubini e Flavio Insinna). Qui, non si vendono merci, anzi, non si vende proprio nulla: si offre solo ciò che il nome della bottega promette, specie a chi è in difficoltà come Diego. Questi, ispirato dal contatto coi suoi nuovi amici, ha un’idea: individuare i problemi che affliggono chi gli sta intorno (i suoi genitori, suo fratello, sua figlia, una coppia di amici, la sua ex moglie) e poi tentare di risolverli con delle semplici, buone azioni. Buone azioni che tuttavia finiranno per provocare più guai di quanti non ne avranno risolti.

Non è del tutto da buttare via, l’idea alla base di questo Se mi vuoi bene, incentrata su un luogo presentato come ristoro e balsamo per l’anima (la bottega delle Chiacchiere, già presente nei romanzi di Brizzi, qui per la prima volta trasposta sullo schermo), seppur rappresentato con un alone un po’ furbescamente vintage. Non è neanche del tutto peregrina l’idea del prologo, con l’interlocuzione di Bisio verso lo spettatore e la schematica presentazione dei personaggi che comporranno il racconto. Quando la vicenda entra nel vivo, tuttavia, il film di Brizzi mostra tutti i suoi limiti di concezione e tenuta narrativa, specie in un racconto spezzettato che fa fatica a gestire adeguatamente tutti i personaggi e i subplot di cui si compone. La struttura polifonica alla base della storia, che si propone di dare il giusto peso a ogni singolo carattere e di individuare in modo puntuale quelle “linee” (emblematicamente disegnate dal protagonista sullo schema che mostra ai due nuovi amici) che collegano lui alle persone a lui care – e queste ultime tra loro – trasposta sullo schermo finisce per perdere in chiarezza e scioltezza narrativa. Schematicamente e (diciamolo pure) spesso banalmente definiti, i personaggi restano macchiette stereotipate, a cui non si fa in tempo non diciamo ad affezionarsi, ma nemmeno ad accostarsi per comprenderne le motivazioni. Tutto sembra subordinato (troppo) all’ansia da angelo custode di un Bisio che, insieme ai due improvvisati – e un po’ improbabili – amici, finisce per rappresentare l’unico collante a una sceneggiatura che rischia più volte di sfaldarsi.

Ha anche il problema di accelerare e decelerare in modo un po’ randomico, il ritmo di Se mi vuoi bene, andando a comporre un quadro non sempre chiaro, certo poco organico; lo fa passando da momenti di umorismo non proprio finissimo (si pensi al personaggio della madre del protagonista, interpretata da Valeria Fabrizi) a parentesi di ricercata introspezione, e persino ad aperture al melò. Proprio queste ultime, invero, predominanti nella frazione conclusiva del film, rappresentano anche il suo limite principale; la “morale” con cui la sceneggiatura si propone di avviare la storia alla sua – decisamente stirata – conclusione mostra una consistenza fragile, mentre il modo in cui viene portata sullo schermo resta ridondante e mancante di misura. Se dramedy doveva essere, insomma, il film di Brizzi è tagliato un po’ con l’accetta tra una parte iniziale e centrale in cui a predominare sono i toni comici – che vorrebbero esasperare e sclerotizzare tratti di altrettanti “tipi” sociali, quanti sono gli amici e familiari del protagonista – e un’ultima frazione che cerca di dare una sterzata – poco convincente e narrativamente anche poco giustificata – verso un melò sui generis. Una mistura decisamente mancante di equilibrio, che vive di singulti, gag estemporanee e psicologie abbozzate: e non è neanche un problema di scarsa credibilità nella rappresentazione di un disturbo come la depressione (in fondo, la sceneggiatura si concentra più che altro sul modo in cui il protagonista sceglie di farvi fronte), quanto semmai di una difettosa coesione e tenuta narrativa di tutta la struttura del film.

Bisio, dal canto suo, cerca di tenere su il tutto come può, provando a riassumere le due anime del film nelle movenze e nell’espressività facciale del suo personaggio; personaggio in cui tuttavia affiora un po’ di maniera, la tendenza alla riproposizione tal quale delle “facce” e del modo di chiamare alla risata che hanno caratterizzato gran parte dei suoi ruoli, recenti e non. Migliori risultati ottengono, complessivamente, due interpreti come Rubini e Insinna, che azzeccano spesso i giusti tempi comici e fanno il possibile per dare consistenza a due figure che, pur non prive di potenziale, restano sacrificate dai capricci e dalle frettolosità dello script. Alla fine di Se mi vuoi bene si è sorriso un po’ (poco) ma non si è riusciti a trovare quegli sprazzi di vita vera che il regista si proponeva di trasfigurare in forma di commedia; tutto resta involuto e risaputo nella sua risoluzione, lasciando trasparire persino quel fastidioso alone edificante che affligge parte della nostra commedia recente, e che qui il film, per i suoi tre quarti, aveva cercato di evitare. Per quanto discontinuo, un regista come Brizzi in passato ha fatto decisamente di meglio.

Scheda

Titolo originale: Se mi vuoi bene
Regia: Fausto Brizzi
Paese/anno: Italia / 2019
Durata: 100’
Genere: Commedia
Cast: Sergio Rubini, Dino Abbrescia, Susy Laude, Lucia Ocone, Claudio Bisio, Lorena Cacciatore, Cochi Ponzoni, Elena Santarelli, Flavio Insinna, Gian Marco Tognazzi, Maria Amelia Monti, Memo Remigi, Valeria Fabrizi
Sceneggiatura: Fausto Brizzi, Simone Paragnani, Martino Coli, Mauro Uzzeo
Fotografia: Marcello Montarsi
Montaggio: Luciana Pandolfelli
Musiche: Bruno Zambrini
Produttore: Luca Barbareschi
Casa di Produzione: Eliseo Cinema, Medusa Film
Distribuzione: Medusa Film

Data di uscita: 17/10/2019

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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