STUDIO 666

STUDIO 666

Studio 666, horror mockumentary incentrato su Dave Grohl e i suoi Foo Fighters, pur essendo ambientato ai giorni d'oggi, ripropone lo spirito folle e anarchico del cinema horror degli anni Ottanta, unendo agli schizzi di sangue e alle morti surreali una robusta dose di ironia, e uno sguardo non superficiale sui demoni personali del loro leader.

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Il Decimo Album è un po’ come il tarantiniano Decimo Film, ha una sua sacralità.
Così Dave Grohl e i suoi Foo Fighters, incalzati da un produttore discografico, decidono di seguire le orme di Jimmy Page con la crowleyana Boleskine House e di registrare il loro Medicine at Midnight in una location particolare. Tal luogo ameno si trova a Encino, in California, ed è una lussuosa villa dotata di giardino, piscina e, a detta della misteriosa proprietaria, di un passato di sangue, ma very rock’n’roll. Ovviamente non appena la band vi si trasferisce cominciano ad accadere fenomeni strani, e spaventose presenze mettono in pericolo la loro stessa vita.
Ma Dave Grohl, in totale crisi creativa kinghiana stile Jack Torrance, si sente ispirato dall’atmosfera della casa e costringe il gruppo a restare. Anche perché, esplorando le cantine, ha scovato un intrigante demo inciso da un’oscura band, proprio in quella villa, venticinque anni prima, e che ora dev’essere ultimato…
Studio 666 è firmato dal californiano BJ McDonnell, autore di alcuni video degli Slayer e del truculento splatterone voodoo Hatchet III (2013), mai uscito nelle sale italiane, ma il soggetto originale è di Dave Grohl la cui esuberante personalità pervade il film.
Per chi ricerca lo stile della new wave horror intellettuale odierna di cui fan parte registi quali Robert Eggers o Jordan Peele, allora è consigliabile che si tenga alla larga da Studio 666.
Per chi invece adora gli anni Ottanta e ne cerca disperatamente le tracce nell’ennesima serie tv di ragazzini su Netflix, o nell’ultimo adattamento dei vecchi romanzi di Stephen King, troverà paradossalmente molte più tracce di quell’epoca in questa pellicola, che pure è ambientata al giorno d’oggi.

Essi muoiono

Studio 666, un'inquietante sequenza
Studio 666, un’inquietante sequenza del film

Studio 666 ha infatti la struttura di un mockumentary, una sorta di This is Spinal Tap (altro cult anni Ottanta): qui la band esiste davvero, ma le perizie per la registrazione dell’album sono inventate. Al finto documentario si uniscono le dimensioni dell’horror e della commedia: è chiaro che il frontman dei Foo Fighters quando aveva vent’anni era un gran divoratore di slasher anni Ottanta, e ha trovato nel regista BJ McDonnell il tramite più adeguato per mettere in scena le sue fantasie.
Inoltre non dimentichiamo che un musicista come Grohl, anziché dedicarsi in toto alla colonna sonora, ingaggia un altro musicista, ovvero il regista John Carpenter, simbolo di “quel cinema” a cui affida la title track del film, e la benedizione spirituale dell’intera operazione (oltre a comparire in un cammeo all’interno del film).

Ascolta “Studio 666 è l’horror comedy da vedere” su Spreaker.

Su una trama decisamente prevedibile, che risponde agli standard della casa infestata, si innestano innumerevoli citazioni ad hoc, tra cui Nightmare – Dal profondo della notte, Venerdì 13, Halloween – La notte delle streghe, La casa, Morte a 33 giri, eccetera: ma la forza della pellicola non sta soltanto in quello che si vede, ma nella passione con cui viene proposto.
Perché, se i film e le serie tv attuali che citano gli anni Ottanta ne riproducono soprattutto l’estetica con il risultato di apparire spesso finti e patinati, Studio 666 ripropone invece lo spirito folle e anarchico di quegli anni, unendo, alle amputazioni assurde, agli schizzi di sangue e alle morti surreali, una robusta dose di ironia e di senso del grottesco. È questo sguardo irriverente che ha reso mitici i primi film di Peter Jackson, quelli di Brian Yuzna e soprattutto la serie cult di La casa di Raimi, il cui stile pervade l’intero film. Lo stesso Dave Grohl, nella sua performance recitativa sopra le righe, ma divertente, sembra ispirarsi al Bruce Campbell di Ash.

“What the fuck?!”

Studio 666, Dave Grohl e Taylor Hawkins in una scena
Studio 666, Dave Grohl e Taylor Hawkins in una scena del film

Non è la prima volta che un musicista celebra il cinema che amava da ragazzino, e il paragone con Rob Zombie e i suoi horror citazionisti viene immediato, ma se lo sguardo dell’artista del Massachussets è cupo e morboso, Studio 666 è fondamentalmente un film cazzone, in cui a ogni istante qualcuno esclama “What the fuck?!” e poi schiatta in modo orribile e grandguignolesco, specie se commette l’impudenza di dichiarare che i Foo Fighters sono la sua band preferita dopo i Coldplay.
Non definiremmo Studio 666 un fan movie, ma un fun movie lo è, senza dubbio. Nel senso che è dannatamente divertente.
Poi, è ovvio che chi segue quel genere di musica può godere del valore aggiunto di diverse citazioni rock, tra cui la comparsa di Lionel Richie, che intima a un Grohl a corto di ispirazione di non scopiazzare la sua musica, oppure la presenza di Kerry King, chitarrista degli Slayer, in una scena a sorpresa. Ma soprattutto chi ama la band non potrà non provare un senso di affetto misto a malinconia per la presenza di Taylor Hawkins, compianto batterista del gruppo, mancato poco dopo la lavorazione del film.

Die as you are

Studio 666, un'immagine di Dave Grohl
Studio 666, un’immagine di un posseduto Dave Grohl

Non si pensi però che si tratti di un film superficiale. Dave Grohl costruisce la storia basandosi sulle sue paure, più o meno inconsce. In Studio 666 emerge l’insofferenza nei confronti dei produttori che si sentono in dovere di influenzare pesantemente l’ispirazione della band, ma anche i demoni personali del musicista. Il 1994, anno del suicidio di Kurt Cobain, segnò infatti la fine dei Nirvana, di cui Grohl era batterista, e la nascita dei Foo Fighters, con lo stesso Grohl come frontman. La presenza della band di Seattle si percepisce all’interno della storia, come se per andare avanti il musicista dovesse fare i conti con i fantasmi del suo passato, di artista e di uomo, e l’incisione di quell’album gli permettesse di affrontarli in una sorta di catarsi creativa.
Eppure tali messaggi non sono affatto telefonati ma, come ogni buon horror che si rispetti, narrati tra le righe, confermando Studio 666 come uno dei migliori horror dell’anno, un film succulento e sanguigno, capace di farci sfrigolare sulle poltrone come il barbecue maledetto della villa di Encino.

Studio 666, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Studio 666
Regia: BJ McDonnell
Paese/anno: Stati Uniti / 2022
Durata: 106’
Genere: Horror, Commedia, Musicale
Cast: Jenna Ortega, John Carpenter, Marti Matulis, Will Forte, Jeff Garlin, Chris Shiflett, Dave Grohl, Kerry King, Leslie Grossman, Lionel Richie, Mike Escamilla, Nate Mendel, Pat Smear, Rami Jaffee, Taylor Hawkins, Whitney Cummings
Sceneggiatura: Rebecca Hughes, Jeff Buhler
Fotografia: Michael Dallatorre, Eric Leach
Montaggio: Byron Wong
Musiche: Roy Mayorga
Produttore: James A. Rota, Jona Ward, Sean Gowrie, Wes Hagan, John Ramsay
Casa di Produzione: Therapy Studios, Roswell Films
Distribuzione: Nexo Digital

Data di uscita: 23/06/2022

Trailer

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Scrittrice, cinefila, bibliofila. Sono laureata in psicologia delle comunicazioni di massa e autrice della Trilogia dei Colori (Tutto quel nero, Tutto quel rosso, Tutto quel blu, 2011-2014) edita dal Giallo Mondadori, a cui è seguito Tutto quel buio (Elliot, 2018); nei quattro romanzi della serie la giovane cinefila Susanna Marino va alla ricerca di misteriosi film realmente scomparsi. Ho inoltre tradotto diversi autori noir tra cui Jeffery Deaver e la saga di Dexter, da cui è stata tratta la serie tv omonima, e nel 1999 ho ricevuto il premio "Adelio Ferrero" per la Critica Cinematografica. Colleziono compulsivamente dvd, libri introvabili e locandine di cinema.

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