MISSING

MISSING

Sequel ideale di Searching (ambientato nello stesso universo del film del 2018) Missing segue i dettami dello screenlife thriller, presentando una complicata indagine che si sviluppa attraverso l’interfaccia di uno schermo e le autostrade virtuali della rete. Il ritmo c’è, l’intrattenimento è di buona fattura, ma resta qualche dubbio su alcuni passaggi di trama, e più in generale sull’impianto concettuale del genere.

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Nel 2018, in epoca ancora pre-pandemica (ma coi new media che giocavano già un ruolo pervasivo e assolutamente decisivo nei rapporti sociali) usciva un piccolo thriller che avrebbe definitivamente imposto all’attenzione internazionale il sottogenere dello screenlife movie. Parliamo di Searching, film indipendente diretto dal regista Aneesh Chaganty, e prodotto da quel Timur Bekmambetov che, una volta di più, dimostrava fiuto e capacità di intuire inclinazione e direzione dei gusti del pubblico. Il filone non era, invero, una completa novità (c’era stato già, tra gli altri, l’horror Unfriended, e di lì a poco sarebbe arrivato il suo sequel); ma l’abilità del regista di origini indiane fu quella di prendere un filone che fino ad allora aveva camminato – in gran parte – di pari passo col genere horror, e trasportarlo nel contesto di un thriller realistico ad alta tensione, capace anche di riflettere sulla contemporaneità senza cedere nulla della sua natura di intrattenimento di genere. Una prosecuzione di quell’esperienza, in qualche modo, era inevitabile, anche se forse non quella di un sequel in senso classico: come già successo per Unfriended, infatti, questo Missing è in realtà una storia a se stante, che richiama in modo più che altro concettuale il suo predecessore (il canovaccio di base è molto simile) facendo tuttavia capire di essere ambientato nello stesso universo. Con Chaganty rimasto solo nel ruolo di produttore e co-autore del soggetto, dietro alla macchina da presa sono arrivati gli esordienti Will Merrick e Nick Johnson.

L’indagatrice del cyberspazio

Missing, Storm Reid e Megan Suri in un momento
Missing, Storm Reid e Megan Suri in un momento del film

Il concetto di base di Missing, come abbiamo appena specificato, è molto affine a quello di Searching (non a caso esplicitamente richiamato all’inizio, trasformato in una serie Netflix ispirata ai suoi eventi) seppur a ruoli ribaltati: mentre nel film del 2018 era infatti un padre a cercare, col solo ausilio dei mezzi tecnologici, la figlia scomparsa, ora è l’adolescente June (interpretata da una Storm Reid al suo esordio in un ruolo da protagonista) a mettersi virtualmente sulle tracce di sua madre Grace, svanita nel nulla durante un viaggio in Colombia col suo nuovo compagno Kevin. Nel background della famiglia c’è un lutto, esplicitato già nelle fasi iniziali del film: il padre di June, James, è infatti morto anni prima a causa di un tumore, e l’unica cosa che alle due donne resta di lui è un vecchio video di famiglia, girato nella vecchia residenza di vacanza. L’apparente, improvvisa scomparsa dei due durante il viaggio mette in allarme June, che inizia a mettere a frutto tutte le sue abilità di nativa digitale per imbastire una vera e propria indagine a distanza. Un’indagine che le farà scoprire una verità più complessa di quanto non immaginasse, arrivando anche a fornirle informazioni, sul conto di sua madre e della sua famiglia, di cui non sospettava minimamente.

Un nuovo/vecchio filone

Missing, Nia Long in una scena
Missing, Nia Long e Ken Leung in una scena del film

Chi scrive ha sempre avuto un naturale scetticismo verso quelle formule di “post cinema-veritè” (ci si perdoni l’uso arbitrario dell’espressione) che da The Blair Witch Project in poi hanno giocato sull’ambiguità verità/rappresentazione, evolvendosi poi di pari passo col mutare dei mezzi tecnologici. Lo screenlife movie, in fondo, non è altro che una variante del già consolidato found footage, che utilizza lo schermo di un pc, o in alternativa quello più piccolo di un cellulare – o ancora, come in questo caso, un insieme dei due – come “finestra” per mostrare l’azione allo spettatore. La “finta verità” del documento passa quindi attraverso la registrazione e l’occhio elettronici, si smaterializza e viaggia sui canali della Rete, diventando globale (perché virtualmente estesa in più location contemporaneamente) e nel contempo chiusa e claustrofobica, stretta nelle quattro mura della stanza di colui/colei che maneggia il mezzo tecnologico. Nonostante lo screenlife metta in crisi (ancor più del found footage) lo statuto stesso del cinema – avvicinandolo a quella fiction true crime che non a caso viene citata proprio nel corso del film – il processo che l’ha originato è senz’altro interessante, così come i suoi risultati. Risultati che tuttavia, nel caso di opere come il già citato Searching e come questo Missing, denunciano chiaramente la loro natura finzionale: una natura evidente in primis in un uso ben visibile del montaggio, e ancor più negli interventi (decisivi) della colonna sonora. Il “realismo telematico” guida quindi lo spettatore nei meandri del racconto, gestendone i tempi e gli spazi, ma la presenza di una regia e di una struttura filmica non sono mai messe in discussione.

La necessaria (e difficile) sospensione dell’incredulità

Missing, Storm Reid e Megan Suri in un'immagine
Missing, Storm Reid e Megan Suri in un’immagine del film

E in definitiva bisogna dire che Missing, come già il suo predecessore, il suo lavoro lo fa bene, adeguando efficacemente la sua struttura all’evoluzione dei mezzi tecnologici e delle piattaforme (ora abbiamo Siri, Facetime e iMessage, tra le altre) e moltiplicando ulteriormente le strade e le ramificazioni del racconto, di pari passo con l’estrema scaltrezza e disinvoltura della protagonista. Una disinvoltura a cui invero, a tratti, si fatica un po’ a dar credito, specie quando porta la stessa June a infrangere blocchi e a scoprire password con una facilità che sembra poco adeguata al personaggio (descritto come una media teenager con una notevole dimestichezza coi new media, ma non certo una hacker). Alcuni snodi di trama – specie l’evoluzione decisiva che troviamo nell’ultima parte – appaiono un po’ forzati e obiettivamente poco credibili; ma va detto che il ritmo del racconto e il passo incalzante delle sue trovate (uniti a un montaggio che riesce a non perdersi nel moltiplicarsi esponenziale di svolte e applicazioni aperte, tenendo dritta la barra) riescono a non far sentire il peso dell’improbabilità di certi sviluppi. Almeno, non durante la visione: anche perché lo script riesce abilmente a disseminare i pezzi del puzzle tra scoperte e ipotesi, immagini che raccontano solo pezzi di verità e racconti che chiedono il classico “balzo di fede” per essere creduti, con personaggi che cambiano faccia, nome e carattere più volte. In mezzo, un’interessante digressione sull’aggressività dei media classici, che passano all’incasso – complicando la vita alla protagonista, e avanzando a loro volta le loro teorie – quando il caso diviene pubblico; e anche una componente metatestuale che invero, sospesa com’è in un film che si regge in gran parte su altro, lascia un po’ il tempo che trova. Al netto dei dubbi sul formato, e su una formula che nel 2023 appare forse (già) necessitante di un qualche rinnovo, il risultato resta comunque complessivamente apprezzabile.

Missing, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Missing
Regia: Will Merrick, Nicholas D. Johnson
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 111’
Genere: Drammatico, Thriller
Cast: Joaquim de Almeida, Storm Reid, Ken Leung, Amy Landecker, Ava Zaria Lee, Briana McLean, Daniel Henney, Jameel Shivji, Juan Carlos Goméz Ortega, Kimberly Cheng, Lauren B. Mosley, Lisa Yamada, Megan Suri, Michael Segovia, Nia Long, Nicholas D. Johnson, Rick Chambers, Sharar Ali-Speakes, Tracy Vilar, Viviana Salinas
Sceneggiatura: Will Merrick, Nicholas D. Johnson
Fotografia: Steven Holleran
Montaggio: Arielle Zakowski, Austin Keeling
Musiche: Julian Scherle
Produttore: Sev Ohanian, Natalie Qasabian, Congyu E, Aneesh Chaganty
Casa di Produzione: Stage 6 Films
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 09/03/2023

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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