LAST WORDS

LAST WORDS

Nel 2085 non c'è più elettricità sulla Terra, e il pianeta è ridotto a un vasto deserto. Le coltivazioni non crescono più, e da negli ultimi 10 anni nessun bambino è più venuto al mondo. Per gli ultimi sopravvissuti che hanno ancora la forza di ascoltare, giunge una misteriosa "Chiamata": l’invito è quello di incontrarsi ad Atene. Jo, un giovane di 17 anni di origini africane, diventerà l'ultimo regista, ovvero l'ultimo testimone dell'ultimo uomo sulla terra. Tramite le strade deserte d'Europa che conducono ad Atene, Jo porterà con se un tesoro enigmatico: alcune bobine con l'iscrizione "Cineteca di Bologna".

Clerici vagantes del futuro

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Il giovane africano Kal (l’esordiente Kalipha Touray) rivolgendosi direttamente alla macchina da presa ci dice di essere l’ultimo uomo sulla Terra nell’anno 2086. Inizia così in Last Words un lungo flashback che, partendo dalle strade – o da quel che ne resta – di Parigi, ci mostra i suoi tentativi del giovane di sopravvivere, portando lo spettatore sempre più nei meandri del potere del Cinema: la curiosità per quest’ultimo porterà infatti il giovane dapprima a Bologna e poi, in compagnia di un vecchio ex regista che si fa chiamare Shakespeare (Nick Nolte) e dell’unica cinepresa funzionante ormai al mondo, ad Atene, in una comune di sopravvissuti capitanata dal medico Zibersky (Stellan Skarsgård). Il viaggio di Kal raccontato nel film di Jonathan Nossiter è quindi una storia di sopravvivenza ma soprattutto una sorta di percorso iniziatico verso la conoscenza della Settima Arte.

Due facce della stessa medaglia

Last Words, Nick Nolte e Kalipha Touray in una scena
Last Words, Nick Nolte e Kalipha Touray in una scena del film

La morte del cinematografo e la fine dell’umanità sono in Last Words elementi complementari tra loro. Fin da subito viene presentato ciò che rende possibile la vita: il cibo e appunto il cinema. I primi cimeli incontrati, ad esempio il poster de L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov e i rimandi alla Cineteca di Bologna, questi ultimi vero motore del prosieguo della Storia, emergono infatti durante il primo (breve) arco narrativo che vede protagonista il giovane insieme alla sorella a Parigi: poi Bologna, sede della Cineteca e rifugio di un ex regista nonché ultimo cinefilo verosimilmente esistente sulla Terra, che convince Kal a costruire una macchina da presa; infine le visioni di gruppo (allo spettatore lasciamo il piacere di riconoscere i film proiettati più o meno noti) quando i due artisti itineranti si stabiliscono all’interno del gruppo di sopravvissuti ad Atene. Ma di quale cinema si parla? La fine dell’umanità sembra leggersi come il passaggio dalla pellicola allo streaming. Il cinema, oltre questo, da intendere anche come atto fisico, dato che le proiezioni si svolgono grazie a una cyclette pedalata da Kal e da Shakespeare. Ed è qui che appare evidente come il Cinema porti, oltre che la gioia, anche la Vita stessa: nel gruppo di Atene vi è infatti Batlk (Charlotte Rampling, che a questo punto si conferma destinata sostanzialmente a ricoprire sempre la medesima tipologia di ruoli) approccia sessualmente il giovane Kal rimanendo miracolosamente incinta. Ma il cinema inteso anche come memoria dell’umanità, come testimoniano le riprese girate da Kal durante il suo soggiorno nella comunità di sopravvissuti ad Atene.

Ingenuità

Last Words, Kalipha Touray e Alba Rohrwacher in una scena
Last Words, Kalipha Touray e Alba Rohrwacher in una scena del film

Last Words vorrebbe restituire con il suo lento ritmo lo stato d’animo opprimente della solitudine e l’angoscia che ne deriva. Lo fa ricorrendo a riprese realizzate con la camera a mano che si alternano a immagini statiche con cui riprendere paesaggi desolati fatti di macerie e detriti. Non è però un film che fa della logica e di una sceneggiatura di ferro la sua forza principale: è davvero possibile arrivare a Bologna e trovare subito la Cineteca? Da dove proviene il sonoro delle pellicole proiettate? Tutti sono in grado di passare da Monicelli a Sturges comprendendone le opere? O è un espediente per sottolineare ulteriormente il potere del cinema che va oltre le barriere linguistiche? Soprattutto è difficile appassionarsi alle storie dei diversi protagonisti esplicitate tramite ulteriori flashback, come quella di Dima (Alba Rohrwacher), o semplicemente raccontate. Tutti elementi che assumono i contorni di divagazioni inutili che non appassionano né suscitano empatia. Lo stesso Kal appare come un novello Candido che sorride di fronte a qualsiasi cosa succede, anche quando è protagonista di un accoppiamento forzato.

Inno apocalittico al cinema

Last Words, Kalipha Touray in una sequenza
Last Words, Kalipha Touray in una sequenza del film

La chiave apocalittica su cui poggia Last Words è forse l’unico aspetto davvero interessante; in questo senso, ci troviamo davanti a un film che dura quasi due ore fatte soprattutto di spezzoni di film e di immagini di volti estasiati e divertiti di fronte alle proiezioni che avvengono su teli appesi al Partenone (in realtà Paestum), ma che forse avrebbe funzionato di più come corto; magari all’interno di un’operazione collettiva come Chacun son cinéma (2007). Ci sarebbe poi anche il tema della catastrofe ecologica, per cui l’Africa, per esempio, è stata sommersa dalle acque, ma questa resta solo abbozzata sullo sfondo. Del resto, come si dice nella pellicola, il nocciolo di tutto è che si vive e si muore per le storie che si raccontano anche se poi arriva l’ineluttabilità della morte e dello schermo nero. Speriamo non sia così nelle direzioni future della Realtà. Anche se con pellicole come questa, è dura credere il contrario.

Last Words, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Last Words
Regia: Jonathan Nossiter
Paese/anno: Francia, Italia / 2020
Durata: 126’
Genere: Drammatico, Fantascienza
Cast: Stellan Skarsgård, Alba Rohrwacher, Charlotte Rampling, Jun Ichikawa, Nick Nolte, Silvia Calderoni, Vincenzo Del Prete, Abdoulay Traoré, Ameer Hamza, Andreina Liotti, Cosimo Desii, Fiorenzo Madonna, Giovanni Trono, Haidara Cheick Bougadary, Kalipha Touray, Kane Moussa, Maryam d'Abo, Muneem Akhtar, Osemwenoghogho 'Victory' Wilfred, Pradip Gurung
Sceneggiatura: Jonathan Nossiter, Santiago Amigorena
Fotografia: Clarissa Cappellani
Montaggio: Davide La Porta, Jonathan Nossiter
Musiche: Tom Smail
Produttore: Donatella Palermo, Gian Luca Gargano, Serge Lalou, Jonathan Nossiter, Laurent Baujard, Luc Hardy, Santiago Amigorena
Casa di Produzione: Les Films du Rat, Rai Cinema, Sagax Entertainment, Paprika Films, Stemal Entertainment, Les Films d'Ici
Distribuzione: Cineteca di Bologna

Data di uscita: 15/06/2023

Trailer

Dagli stessi registi o sceneggiatori

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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