WONDER: WHITE BIRD

WONDER: WHITE BIRD

Sequel/spin-off uscito a sei anni di distanza dal suo predecessore, Wonder – White Bird non ha la fresca leggerezza del film del 2017 di Stephen Chbosky, sostituita da una marcata componente emotiva: una componente che a tratti rischia di debordare - anche a causa dall’impegnativo setting storico – ma che favorisce la chiarezza del messaggio, ben veicolato dalla vigorosa regia di Marc Forster.

Il volo della gentilezza

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Quello di Wonder, dramedy del 2017 incentrato sui temi del bullismo e della diversità, fu un successo inaspettato, capace di coniugare l’efficacia del messaggio pedagogico e divulgativo alla sua base (veicolato attraverso la vicenda di un ragazzino affetto da una rara sindrome, che ne determinava la deformità facciale) con una rara freschezza e levità di fondo. Un esempio di cinema “edificante” per famiglie di un certo spessore, che doveva anche la sua riuscita all’efficacia del materiale di base – la graphic novel omonima di R.J. Palacio – e alla prova attoriale del giovanissimo, già lanciato Jacob Tremblay. Ora, a sei anni di distanza – e sempre, non a caso, in periodo natalizio – arriva questa sorta di sequel/spin-off firmato da Marc Forster, originato a sua volta da una storia della scrittrice – che ha creato intorno alla vicenda originale un vero e proprio universo: il plot di Wonder – White Bird vede stavolta al centro della storia il bullo Julian (interpretato ancora da Bryce Gheisar), espulso dalla precedente scuola e ora alle prese col difficile reinserimento in un nuovo istituto. Il ragazzino, diventato cupo e introverso, riceve un giorno la visita di sua nonna (Helen Mirren), che gli racconta il suo passato di ragazzina ebrea perseguitata durante la seconda guerra mondiale, e la storia di un ragazzo suo omonimo che la protesse col suo coraggio.

Il mondo in un flashback

Wonder: White Bird, Ariella Glaser e Orlando Schwerdt in un'immagine del film
Wonder: White Bird, Ariella Glaser e Orlando Schwerdt in un’immagine del film

Un po’ inaspettatamente, almeno per chi non abbia una conoscenza diretta della storia originale, il cuore della vicenda di Wonder – White Bird è il lungo flashback che coincide col racconto di Helen Mirren: una sorta di parabola morale che racconta i drammatici anni dell’adolescenza della donna, ponendo ancora una volta il tema della diversità – incarnato dal giovane Julien, ragazzo poliomelitico emarginato, guardato con disprezzo dai suoi coetanei – sullo sfondo della tragedia storica della seconda guerra mondiale, nel teatro della Francia occupata. Il film di Marc Forster si discosta quindi in modo abbastanza netto dal mood contemporaneo del lavoro originale di Stephen Chbosky, andando a porsi (in sostanza) nel solco dei film dedicati all’Olocausto con protagonisti personaggi giovanissimi. Una scelta di campo difficile, sia per la moltitudine di titoli (più o meno riusciti) che hanno affollato il filone negli ultimi decenni, sia per il rischio-retorica che inevitabilmente il tema porta con sé. E quello della retorica, bisogna dirlo, è un rischio che il film di Forster non sempre riesce a schivare, anche per la mano indubbiamente meno leggera del suo autore – tra i suoi lavori recenti ricordiamo il dramedy Non così vicino – rispetto a quella del più equilibrato, misurato Chbosky. Un cedimento che si palesa soprattutto in alcune discutibili scelte registiche (le “visualizzazioni” dei viaggi immaginari dei due ragazzini in auto) e in un finale fin troppo enfatico.

La parabola dell’ex bullo

Wonder: White Bird, Helen Mirren e Bryce Gheisar in un momento del film
Wonder: White Bird, Helen Mirren e Bryce Gheisar in un momento del film

Nonostante i limiti intrinseci legati al tono scelto, e un certo appesantimento della narrazione in fatto di sottolineature melò, sarebbe comunque ingeneroso liquidare Wonder – White Bird come operazione superflua, o tentare un confronto diretto con un predecessore che aveva altre (seppur complementari) finalità. Il bel film del 2017, anzi, annoverava tra i suoi limiti proprio quello di non aver approfondito – sicuramente per scelta – le motivazioni del “cattivo” della storia, incarnato dal giovane Julian: in questo senso, quindi, questo nuovo capitolo va in qualche modo a colmare un vuoto, pur limitando per ovvie ragioni (la parte ambientata nel passato copre un 80% buono di durata) il tempo di presenza in scena del personaggio stesso. Tempo che comunque il giovane interprete – fisicamente non troppo cambiato, nonostante gli anni trascorsi – impiega complessivamente bene, dando vita a un ex bullo intento a cercare di riempire un doppio vuoto (quello di una famiglia da sempre distratta e di un “branco” che non lo supporta più). Distaccandosi dall’estetica contemporanea e quotidiana del film del 2017 – che vedeva solo pochi e riusciti inserti simbolici e fantastici – questo Wonder – White Bird si pone in modo più deciso come fiaba moderna, nonostante l’ambientazione storica: in questo senso, l’elemento simbolico della colomba bianca (con tanto di ricorrente uso diegetico della canzone che dà il titolo al film), unito al setting fiabesco della foresta che circonda il nascondiglio dei due ragazzi, conferisce al film un apprezzabile elemento affabulatorio: un elemento ben maneggiato dal regista – che non a caso ha al suo attivo anche un titolo come Ritorno al bosco dei 100 acri – nonché efficacemente integrato con la crudezza della vicenda in sé.

Una guida carismatica

Wonder: White Bird, Ariella Glaser e Orlando Schwerdt in un momento del film
Wonder: White Bird, Ariella Glaser e Orlando Schwerdt in un momento del film

In questo senso, Wonder – White Bird si pone quindi in modo distinto – ma complementare – rispetto alle stesse istanze pedagogiche del suo predecessore, scegliendo un setting storico dalla forte valenza emotiva per mettere in scena una vera e propria parabola morale. Avremmo certo preferito un po’ di enfasi in meno rispetto a un concetto (il “coraggio della gentilezza” e il suo potere) che viene invece a più riprese sottolineato con doppio tratto, fino a debordare pericolosamente nel finale: in questo senso, il film di Forster funziona meglio quando, descrivendo i lunghi mesi di reclusione della giovane protagonista, mette in scena il senso di complicità che si crea tra lei e il compagno (fatto di piccoli momenti di condivisione all’insegna del non detto, tra sogni di fuga e lezioni riportate di seconda mano dall’aula scolastica), descrivendo il classico arco di una love story adolescenziale su uno sfondo di inusitata durezza. Certamente, il regista sa come maneggiare al meglio la componente più prettamente emotiva della storia, e riesce complessivamente a metterne bene in evidenza il carattere morale ed edificante, dando la giusta pregnanza ai suoi snodi narrativi più importanti. Gli è di supporto – e in un certo senso di “guida” – una Helen Mirren come sempre maiuscola, voce narrante e presenza di peso in un film che, al netto dei suoi limiti, riesce a raggiungere con sicurezza e mestiere gli scopi che si era prefissato, parlando con semplicità e chiarezza al suo pubblico di riferimento. Si può essere, in definitiva, abbastanza soddisfatti.

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Locandina

Wonder: White Bird, la locandina italiana del film

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Scheda

Titolo originale: White Bird
Regia: Marc Forster
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 120’
Genere: Drammatico, Avventura, Guerra
Cast: Helen Mirren, Bryce Gheisar, Gillian Anderson, Patsy Ferran, James Beaumont, Jim High, Olivia Ross, Ariella Glaser, Filip Finkelstejn, Ishai Golan, Jem Matthews, Jeremy Tichy, Jo Stone-Fewings, John Bubniak, Jordan Cramond, Nadine Leon Gobet, Orlando Schwerdt, Philip Lenkowsky, Stuart McQuarrie, Yelisey Kazakevich
Sceneggiatura: Mark Bomback
Fotografia: Matthias Koenigswieser
Montaggio: Matt Chesse
Musiche: Thomas Newman, Mark Siegel
Produttore: David Minkowski, R.J. Palacio, David Hoberman, Matthew Stillman
Casa di Produzione: Participant, Mandeville Films, 2DUX², Lions Gate Films, Stillking Films
Distribuzione: Notorious Pictures

Data di uscita: 04/01/2024

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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