THE WITCHER: NIGHTMARE OF THE WOLF

THE WITCHER: NIGHTMARE OF THE WOLF

Più prequel che spin-off della serie originale, The Witcher: Nightmare of the Wolf è un fantasy animato che si colora decisamente di dark: una visione quasi obbligatoria (nella sua a volte spregiudicata sinteticità) per qualsiasi appassionato del genere, ma anche un’esperienza piacevole per chi fosse totalmente a digiuno dell’universo di Geralt di Rivia. Su Netflix.

Racconto di sangue e di formazione

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C’era molta curiosità intorno al primo dei due previsti prequel/spin-off di The Witcher, fortunata serie targata Netflix ispirata all’universo creato nelle storie di Andrzej Sapkowski. In attesa della serie-prequel The Witcher: Blood Origin, oggetto di continui rinvii e appena entrata in produzione, e in attesa soprattutto della seconda stagione della serie regolare (prevista per il prossimo dicembre), questo The Witcher: Nightmare of the Wolf gioca la carta dell’animazione, nella fattispecie di quella in stile anime. Una scelta non isolata, per i prodotti Netflix, vista l’annunciata messa in cantiere di un prequel animato – sempre ispirato nello stile all’animazione giapponese – di Army of the Dead, che andrà ad affiancare prequel e sequel regolari. Una scelta che la rivale Disney+ sta a sua volta sperimentando tanto con gli spin-off animati di Star Wars quanto con la serie What if…?, facente parte del Marvel Cinematic Universe. I confini tra i linguaggi sfumano sempre più, e i media franchise di questo scorcio di millennio inglobano in sé, spregiudicatamente, forme espressive diverse. Gli stessi confini geografici vanno a cadere, com’è giusto che sia: questo prodotto d’animazione, infatti, è una co-produzione statunitense e sudcoreana (diretta dal sudcoreano Kwang Il Han), ovvero un derivato di una scuola che ha sua volta assorbito molto da quella nipponica. Il tutto, per proseguire un soggetto le cui origini affondano addirittura nell’Europa dell’Est. La contaminazione, culturale prima che di linguaggi, è un dato ormai (da tempo) innegabile.

Terrore dalla foresta

The Witcher: Nightmare of the Wolf recensione

Il plot di The Witcher: Nightmare of the Wolf, comunque, è incentrato sul personaggio di Vesemir, mentore e figura paterna per il Geralt di Rivia della serie principale, e si svolge per tutta la sua prima parte tra passato e presente; l’alternanza è tra la formazione da witcher del personaggio, col suo primo incontro col suo futuro maestro, e la sua attività svolta nel tempo presente, quella di temuto e richiesto cacciatore di mostri. Quando Vesemir, nel presente, uccide una creatura della foresta, un Leshen, salvando il giovane rampollo di una famiglia nobiliare, le parole sussurrate dalla creatura prima di morire – nell’antica lingua elfica – lo portano a sospettare un suo qualche controllo esterno. Nel frattempo il guerriero, la cui stirpe è tollerata dalla famiglia reale di Kaedwen, ma apertamente avversata dall’influente maga di corte Tetra Gilcrest, è costretto suo malgrado a occuparsi dell’addestramento di giovani aspiranti witcher, che gli ricordano il suo stesso, doloroso passato. Ma, nel presente, la minaccia da lui ipotizzata si rivela più che concreta, quando un suo conoscente elfo gli svela che il controllo del Leshen potrebbe essere opera di Kitsu, un’elfa scomparsa nella foresta anni prima.

Un fantasy sempre più dark

The Witcher: Nightmare of the Wolf recensione

Se si pensa al target tutto sommato trasversale di The Witcher, all’attenzione alle esigenze del grande pubblico portate dalla serie di Lauren Schmidt Hissrich, e alla sua sempre controllata quantità di violenza, si resta stupiti dalle derive horror e (spesso) autenticamente gore di questo The Witcher: Nightmare of the Wolf. Il mondo di Vesemir, quello in cui Geralt (che qui appare brevemente come bambino) avrà la sua formazione, è crudele, spietato, bagnato di sangue e disseminato di cadaveri (umani e non). Il fantasy del ciclo di Geralt sembra liberarsi da qualsiasi residua componente classica e cavalleresca, tingendosi sempre più di tinte dark: uomini e mostri muoiono e uccidono per sopravvivere, indifferentemente, mentre la sofferenza e la morte sono parte integrante della loro esistenza. I cavalieri di corte, in una significativa scena, sono letteralmente irrisi: la spietata morale dei witcher, in fondo – quella che si muove cercando unicamente, nell’ordine, soldi e fama – è in fondo la più schietta, oltre che la più adatta alla sopravvivenza. Sullo sfondo, nel “romanzo di formazione” del giovane servo Vesemir, si può vedere anche una società umana rigidamente divisa per classi, in cui le uniche speranze per un futuro diverso da quello stabilito sono la fuga (con la conseguente, dolorosa iniziazione al mondo dei witcher) o la cattura da parte dei nemici e la loro fortunosa, capricciosa pietà (il destino della giovane Iliyana, amica d’infanzia del futuro witcher). Tuttavia, il passato si rivelerà fatto di dolori ed emozioni umane che, per quanto repressi, non possono che avere ripercussioni sul presente, persino su quello di un mercenario come Vesemir.

Ritmo e sintesi

The Witcher: Nightmare of the Wolf recensione

I già sfumatissimi confini tra bene e male presenti in The Witcher vengono praticamente annullati in questo prequel/spin-off (che a nostro parere si situa più nella prima categoria che nella seconda), con una galleria di personaggi dall’etica complessa, e dalle motivazioni solo fortuitamente contrapposte. Le nuances e la problematizzazione dei caratteri della serie originale vengono qui radicalizzate: le tonalità di grigio dominano su tutto, mentre le bestie mostrano motivazioni umane e gli uomini (e ibridi) sono spesso mossi da istinti bestiali. Difficile prendere parte in modo netto, più facile lasciarsi andare al piacere di una narrazione che ha forse l’unico torto, nei suoi 83 minuti, di essere eccessivamente condensata. C’era bisogno di più spazio, forse, per esplorare l’embrionale rapporto creato (e subito troncato) tra Vesemir e la sua nemesi Tetra, fonte di un potenziale drammaturgico non del tutto sfruttato: le motivazioni rivelate infine dalla donna, considerato il fascino in nuce del personaggio, finiscono inevitabilmente per deludere un po’. L’esplorazione senza ipocrisie della diversità – con tutto il suo doloroso fardello – già presente nella serie originale, viene qui ulteriormente portata avanti, col disvelamento del doloroso processo di (tras)formazione dei guerrieri mutanti (in una riuscita sequenza con decontestualizzata voce narrante). La qualità tecnica dell’animazione, risultato di una produzione di un certo spessore, resta sempre a livelli più che buoni; il ritmo, pur a tratti accelerato nella necessità di condensare la storia nei confini dell’ora e mezza scarsa di durata, non registra cedimenti di sorta. Se per gli estimatori del dark fantasy The Witcher: Nightmare of the Wolf resta quindi una visione quasi obbligatoria, il film risulta comunque una piacevole esperienza anche per chi non fosse un appassionato del genere, o fosse del tutto nuovo all’universo di Geralt di Rivia. Magari, un valido e accessibile biglietto di ingresso.

The Witcher: Nightmare of the Wolf poster locandina
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Scheda

Titolo originale: The Witcher: Nightmare of the Wolf
Regia: Kwang Il Han
Paese/anno: Stati Uniti, Corea del Sud / 2021
Durata: 83’
Genere: Fantasy, Avventura, Animazione, Azione
Cast: Graham McTavish, Lara Pulver, Theo James, Mary McDonnell
Sceneggiatura: Beau DeMayo
Musiche: Brian D’Oliveira
Produttore: Lauren Schmidt Hissrich, Beau DeMayo, Lee Seung Wook
Casa di Produzione: Netflix, Base FX, Hivemind, Studio Mir
Distribuzione: Netflix

Data di uscita: 23/08/2021

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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