IL BAMBINO NASCOSTO: ROBERTO ANDÒ PORTA SULLO SCHERMO LE PATERNITÀ NEGATE

IL BAMBINO NASCOSTO: ROBERTO ANDÒ PORTA SULLO SCHERMO LE PATERNITÀ NEGATE

Roberto Andò, insieme al cast composto da Silvio Orlando, Giuseppe Pirozzi e Lino Musella, ha presentato alla stampa romana il film tratto dall’omonimo romanzo del regista e presentato durante l’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

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Direttamente dalla laguna arriva Il bambino nascosto, l’ultima fatica di Roberto Andò. Dopo aver chiuso la kermesse veneziana nella sezione Fuori Concorso, la pellicola si prepara a uscire in sala dal 3 novembre con circa 200 copie. Numeri, questi, che fanno intendere da parte di Rai Cinema, e del produttore Barbagallo, un impegno intenso e un forte appoggio alla storia di Andò.

Tratto dal romanzo omonimo scritto dal regista, il film è ambientato a Napoli o, meglio, all’interno di un appartamento situato in un quartiere dalla forte connotazione popolare dove la presenza della camorra si mostra e si fa sentire senza problemi. In questa condizione sociale che non risparmia nemmeno i più piccoli, però, esiste una sorta di zona franca, dove Ciro, in fuga dalla cultura malavitosa della sua famiglia, decide di nascondersi. Si tratta dell’appartamento di Gabriele, silenzioso e misterioso maestro di musica che vive tra il conservatorio e una costante e testarda attitudine a sfuggire la vita. Dal loro incontro, però, nascono delle situazioni impreviste che li porteranno a stringere un’unione paterna, famigliare, anche se non consanguinea. In questo modo riusciranno a salvarsi l’un l’altro e a dare una visione più possibilista e positiva della città.

Il film è tratto dal suo romanzo che vive, soprattutto nel finale, di atmosfere leggermente diverse. Quali elementi della narrazione letteraria l’hanno spinta a tradurre la vicenda attraverso il linguaggio cinematografico?
Roberto Andò: Per me si tratta di un film importante, soprattutto per il tema trattato. Parliamo, infatti, dell’infanzia, della solitudine e delle seconde occasioni. Oltre a questo, poi, questo progetto mi ha permesso di tornare alle origini artistiche. Come ne Il manoscritto del principe, infatti, ho chiuso, nuovamente, due personaggi in una stanza. In questo caso specifico, poi, lo spazio in cui sono “imprigionati” diventa anche una zona franca dove i due si confrontano con il mistero più grande; quello che non sappiamo di noi stessi. Gabriele, il professore di musica, ha rinunciato alla vita. Il bambino, da parte sua, ha chiuso i ponti con un mondo oscuro e criminale che, ormai, si è lasciato alle spalle. Attraverso l’incontro di queste due solitudini si ottiene un nuovo stato affettivo che va oltre i legami del sangue. Insieme formano un altro tipo di famiglia. Il professore, da parte sua, è consapevole di essere l’unico in grado di salvare il piccolo Ciro dalle mani della Camorra. Il ragazzo, a sua volta, capisce che solo un uomo al di fuori dei codici “sociali” del quartiere può compiere questa impresa.

Tra i personaggi con cui Gabriele incrocia la sua solitudine c’è Diego, un malavitoso che, al tempo stesso, rappresenta l’orrido e il sublime. Come possiamo descrivere la sua personalità?
Lino Miscela: Non è la prima volta che lavoro su di un criminale. Diego, però, è più complesso, visto che vive un conflitto interiore. Da una parte sembra essere già ben inserito nella struttura sociale malavitosa, dall’altra, però, rimpiange un passato trascorso al Conservatorio. La musica lo attrae ancora come elemento di armonia ma la natura, lentamente, lo conduce verso l’inevitabile. Non potrebbe fare diversamente e, con un ultimo gesto simbolico, finisce per distruggere la musica, l’unica cosa che ancora gli regala qualche possibilità di bellezza.

Accanto al personaggio dell’invisibile Gabriele si affianca Ciro, che deve scomparire dal mondo per salvarsi la vita. La sua famiglia, infatti, l’ha condannato per un errore commesso ai danni di un boss. Qual è stato il momento più difficile nell’interpretazione di questo personaggio che inizia la sua avventura con una spocchia da adulto per poi riguadagnare la sua natura di bambino?
Giuseppe Pirozzi: La fase più difficile sul set è stata l’inizio. In quel momento, infatti, ho dovuto prendere confidenza con il personaggio. E non è stato affatto facile, visto che Ciro e io siamo profondamente diversi. Alla fine, però, siamo diventati amici e ora lo porto sempre con me. Molto, ovviamente, devo a Silvio e agli altri attori. Guardarli sul set mi ha aiutato come muovermi e affrontare il personaggio.

Silvio Orlando, dopo una lunga assenza sei tornato al cinema. Cosa ti ha spinto ad accettare immediatamente la sceneggiatura de Il bambino nascosto?
Silvio Orlando: Mi sono bastati cinque minuti, non ho avuto alcun dubbio ad accettare il progetto. Oltre alla bellezza della storia, poi, c’era anche il valore aggiunto rappresentato da Roberto Andò. Non solo ho già collaborato con lui a teatro ma, soprattutto, si tratta di un uomo perbene. Roberto ti rispetta e nel nostro ambiente non è così scontato. Per finire, poi, questa storia, aderisce alla perfezione con il lavoro che, già, da tempo, sto facendo a teatro, portando sul palcoscenico personaggi che fanno continui passi indietro, fino a scomparire. In questo contesto, si inserisce bene Gabriele che, dopo aver chiuso una parte affettiva importante, diventa un indifferente capace di osservare, senza essere visto. Anche Ciro rientra nel mondo degli invisibili e dei rifiutati, viso che è stato espulso dal codice camorristico. Grazie al loro incontro Gabriele rompe la corazza di solitudine in cui è rinchiuso. Capisce che deve salvare il ragazzo e, facendolo, aiuta anche il suo mondo interiore a rivivere. Di fatto, dunque, si tratta di un film sugli incontri che ti cambiano la vita.

Nel film ci sono degli accenni di omofobia. Inevitabile, dunque, chiedere un commento su quanto accaduto l’altro giorno con la votazione a sfavore del DDL Zan.
Roberto Andò: Questo paese sembra condannato a non crescere. I politici sono sigillati al passato rispetto alla cultura del paese. In questo caso specifico, poi, non credo assolutamente che il Parlamento sia stato lo specchio del paese.
Silvio Orlando: Il DDL Zan è stato proposto da una persona omosessuale. Ecco il problema che affligge i nostri rappresentanti politici. Credono che certe aperture possano essere concesse solo dalla maggioranza alle minoranze, come se le facessero cadere dall’alto come chissà quale concessione. Che le minoranze si facciano le leggi da sole, però, fa impazzire certi rappresentanti politici.

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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