HARRY POTTER, 20 ANNI DI MAGIE DALLA PAGINA ALLO SCHERMO

HARRY POTTER, 20 ANNI DI MAGIE DALLA PAGINA ALLO SCHERMO

In questo 2021, la saga cinematografica di Harry Potter ha compiuto 20 anni. La ricorrenza, e un successo che a un ventennio di distanza non accenna ad attenuarsi, ci spingono a ripercorrere per intero l’universo potteriano, dalle ammalianti pagine di J.K. Rowling alle loro diverse incarnazioni cinematografiche.

Il primo incantesimo

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Harry Potter ha compiuto vent’anni. O meglio, è passato un ventennio dal giorno in cui il mondo immaginato da J.K. Rowling ha preso corpo sul grande schermo, incarnando le fantasie più ardite di molti bambini. E non solo. Non dimentichiamo, infatti, che le avventure di Harry, Hermione e Ron hanno saputo stregare anche un pubblico adulto. Lo stesso che ha affrontato file di proporzioni bibliche di fronte alle librerie per accaparrarsi l’ultimo romanzo al rintocco della mezzanotte e che ora, con la scusa di accontentare i figli, trascina la famiglia negli Harry Potter Warner Studio a Londra. Perché, a essere sinceri, tutti vogliono entrare nella sala grande di Hogwarts e farsi assegnare dal cappello parlante a una casa. E, nemmeno a dirlo, la più quotata tra tutte è Grifondoro.

Ma andiamo con ordine e vediamo quando, per la prima volta, siamo venuti a contatto con parole misteriose come babbani, burrobirra e quidditch. Tutte espressioni entrate nella cultura popolare e che, ora, hanno una risonanza famigliare. Iniziamo con il dire che Hogwarts, Silente, i giovani maghi e Voldemort, la rappresentazione del male, hanno una doppia vita. Da una parte ci sono le pagine della Rowling, dall’altra il mondo cinematografico che rende tangibile anche l’invisibile. Il che vuol dire, dunque, che la saga celebra ben due nascite, visto che il primo romanzo, Harry Poter e la pietra filosofale, esce in Inghilterra nel 1997, mentre il film arriva sui grandi schermi italiani il 6 dicembre 2001. Ed è proprio quest’ultimo evento che viene festeggiato con un ritorno in massa dei protagonisti grazie a un cospicuo intervento di merchandising ed edizioni speciali dell’intera saga.

Harry Potter Hogwarts

Tralasciando tutti questi aspetti di promozione dell’evento, proviamo a vedere da dove ha origine la magia. Leggenda narra che J.K. Rowling, madre single di due bambini e in difficoltà economiche, abbia iniziato a scrivere La pietra filosofale seduta al tavolo di un pub durante il suo tempo libero. Quella storia per bambini, poi, ha iniziato il suo faticoso tour tra le case editrici e, dopo un notevole numero di rifiuti, ha trovato nella Bloomsbury chi ha creduto nel suo potenziale decidendo di rischiare sulla pubblicazione. Ma, in fondo, si trattava solo di un libro per bambini. Chi si sarebbe accorto della sua uscita? Mai previsione è stata più errata. Il libro, infatti, ben presto viene tradotto in ben 37 lingue e, nel giro di un anno, riesce a posizionarsi al primo posto della lista dei romanzi più venduti del New York TImes. Tutti elementi, oltre alla nuova Harry Potter mania, che hanno spianato la strada del magico mondo di Hogwarts verso il cinema.

Apprendistato da maghi

Harry Potter Ron Hermione

Le avventure di Harry Potter, sia editoriali che cinematografiche, entrano essenzialmente in quello che può essere definito come racconto di formazione giovanile. In questo caso abbiamo tre ragazzini che, attraverso la guida degli adulti e l’esperienza personale, passo dopo passo, riescono a diventare consapevoli delle caratteristiche che li rendono dei “prescelti”, nel mondo normale come in quello magico. Coraggio, intelligenza e lealtà sono i valori che tengono unito il trio formato da Harry, Hermione e Ron portandoli alla consapevolezza che nella loro cooperazione risiede una forza inarrestabile. Da questi pochi particolari, dunque, si capisce quanto sia stato fondamentale rintracciare i giusti protagonisti per dare dei volti a questi piccoli eroi.

Una ricerca che ha richiesto un certo impegno e un lasso di tempo di sei mesi in cui avviene il primo incontro tra la produzione e un giovane Daniel Radcliffe. “Seduto davanti a me c’era questo ragazzino con dei grandi occhi azzurri – ricorda il produttore David Heyman – Era Daniel Radcliffe. Ricordo le mie prime impressioni: era curioso, divertente e così energico. In lui c’era anche molta generosità e dolcezza. Ma, allo stesso tempo, era anche curioso e vorace di conoscenza di qualunque genere”. L’ultima parola su Radcliffe nel ruolo di Potter, però, è spettata alla Rowling che, vedendo i filmati del provino, ha spinto la produzione a terminare le ricerche per il protagonista. Il suo Harry Potter era stato trovato. Allo stesso modo Emma Watson e Rupert Grint vengono scovati tra centinaia di bambini arrivati per contendersi questa grande occasione. E, ancora una volta, l’autrice emette il suo parere positivo fermando definitivamente i casting per il trio.

Mai scelta è stata più giusta. A puntualizzarlo sarà, ancora una volta, Heyman al termine della saga cinematografica: “ Con il senno di poi è particolarmente impressionante. La selezione del trio è stata, probabilmente, una delle migliori decisioni dello spettacolo negli ultimi dieci anni. Hanno mostrato grazia e fermezza incredibili”. Per quanto riguarda il resto del cast, invece, la Rowling ha imposto una clausola chiara e irremovibile. Tutti gli interpreti dovevano essere scelti tra attori britannici. Ed effettivamente, la saga di Harry Potter vanta la presenza di grandi talenti del panorama inglese come Gary Oldman, Alan Rickman, Dame Maggie Smith, Richard Harris, Helena Bonham Carter, Emma Thompson e Raph Fiennes. Un parterre di talenti che veramente poche saghe possono vantare. Per dieci anni, più o meno, tutti loro sono stati coinvolti e legati in un progetto che, ancora oggi, può considerarsi unico per lunghezza e, soprattutto, per attaccamento affettivo da parte del pubblico.

Tutti i druidi del mondo potteriano

Sirius Black Harry Potter

Dal 2001 al 2011, dunque, la Warner Bros si è impegnata a portate sul grande schermo tutti i romanzi pubblicati dalla Rowling, seguendo, con uno scarto di un paio di anni, la crescita e l’evoluzione magica di Harry, Hermione e Ron. Per un totale di 7 romanzi e 8 film, visto che l’ultima avventura, causa la lunghezza, è stata divisa in due capitoli. Nello specifico abbiamo Harry Potter e la pietra filosofale, La camera dei segreti, Il prigioniero di Azkaban, Il calice di fuoco, L’ordine della Fenice, Il principe mezzosangue e I doni della morte. Racconti che provengono dalla stessa penna ma che hanno il pregio di evolversi cambiando linguaggio e intensità secondo il livello di crescita dei suoi personaggi. Questo vuol dire che s’inizia con i toni leggeri di un fantasy giovanile e si termina con delle atmosfere cupe e poco rassicuranti, dove il confine tra bene e male è sempre più sbiadito e facilmente valicabile.

Per rispondere a delle diverse necessità narrative, dunque, la produzione ha scelto quattro registi che potremmo considerare un po’ come i druidi del mondo potteriano, i sacerdoti di una celebrazione pagana della fantasia e dell’impossibile. Il loro nomi sono Chris Columbus, Alfonso Cuaron, Mike Newell e David Yates. A Chris Columbus, probabilmente, è toccato il compito più semplice ma anche più eccitante. Come regista dei primi due capitoli, infatti, ha avuto il privilegio di riprodurre un’atmosfera sicuramente infantile e lieve. Allo stesso tempo, però, è l’uomo che ha affrontato l’ignoto di un progetto nuovo, sostenendo i molti dubbi e le poche certezze di una creatura con immense potenzialità ma altrettante possibilità di fallimento. Cuaron, invece, ha firmato Il prigioniero di Azkaban, uno dei film migliori della saga potteriana. Non fosse altro che per la presenza di Gary Oldman nei panni di Sirius Black. In realtà, con questo capitolo si compie il primo passo verso una nuova presa di coscienza nella crescita dell’eroe. Ciò che prima era un gioco avventuroso, anche se potenzialmente pericoloso, ora assume le proporzioni di una missione che dà senso alla propria nascita e a una intera vita.

Il calice di fuoco, firmato da Newell, invece, è il passaggio più complesso per vari motivi. Da una parte i tre protagonisti si trovano in quell’età particolare che rappresenta un po’ una terra di nessuno. È un momento particolarmente delicato perché, cambiando anche esteticamente, potrebbero rischiare di perdere consensi da parte degli spettatori. Oltre a questo, poi, il romanzo prima e il film dopo, dichiarano la loro natura di elemento di passaggio. Il che vuol dire che la vicenda risulta un po’ sospesa e impersonale fino a quando, proprio nelle fasi finali, Harry si trova nel suo primo vero faccia a faccia con Voldemort, l’oscuro signore tornato nella sua forma fisica. Da questo momento i romanzi e i film diventano esteticamente più scuri, il personaggio di Potter vive conflitti interiori con una natura non sempre limpida, mentre il mondo intorno a lui cerca nuovi equilibri per continuare a sostenerlo.

Tutto questo viene riassunto e, capitolo dopo capitolo, messo in evidenza da David Yates. Arriva sul set per dirigere L’ordine della Fenice e rimarrà nel regno di Potter fino a I doni della morte. Con lui, Harry e i suoi compagni diventano ragazzi e adulti allo stesso tempo. Abbracciano le emozioni sentimentali tipiche dei loro anni ma, allo stesso tempo, prendono coscienza di un dovere probabilmente più grande di loro. L’età dei giochi è finita. Ora è il momento di prendere una posizione e di diventare il nuovo esercito di Silente per ristabilire l’equilibrio tra bene e male. Una lotta che continua da vent’anni e che sembra reggere benissimo il passare del tempo. A mostrarlo sono le vendite dei romanzi, che continuano con costanza, il successo degli studi della Warner Bros a Londra, dove è possibile immergersi nel mondo di Potter, e le celebrazioni per questo ventennio. In sostanza, dunque, Harry Potter non è invecchiato. La sua immagine di eterno ragazzo dallo sguardo speranzoso dietro i grandi occhiali non mostra nuove cicatrici, se non quella storica inferta da Voldemort. Peccato non si possa dire altrettanto per i tre giovani interpreti. Fatta eccezione per Emma Watson, i due ragazzi non riescono a trovare una precisa collocazione cinematografica. Ma questa è tutta un’altra storia.

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Fin da bambina, ho sempre desiderato raccontare storie. Ed eccomi qui, dopo un po’ di tempo, a fare proprio quello che desideravo, narrando o reinterpretando il mondo immaginato da altri. Da quando ho iniziato a occuparmi di giornalismo, ho capito che la lieve profondità del cinema era il mio luogo naturale. E non poteva essere altrimenti, visto che, grazie a mia madre, sono cresciuta a pane, musical, suspense di Hitchcock, animazioni Disney e le galassie lontane lontane di Star Wars; e un ruolo importante l’ha avuto anche il romanticismo di Truffaut. Nel tempo sono diventata giornalista pubblicista; da Radio Incontro e il giornale locale La voce di Roma, passando per altri magazine cinematografici come Movieplayer e il blog al femminile Smackonline, ho capito che ciò che conta è avere una struggente passione per questo lavoro. D’altronde, viste le difficoltà e le frustrazioni che spesso s’incontrano, serve un grande amore per continuare.

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