DARK SHADOWS

DARK SHADOWS

Tra i progetti degli anni ‘10 diretti da Tim Burton, quello di Dark Shadows era teoricamente tra i più promettenti. Tuttavia, la pur presente fantasia visionaria del regista si ritrova imbrigliata nel film tra le maglie di una sceneggiatura incerta, che prova senza successo a riprodurre la struttura corale della serie televisiva originale.

Ombre burtoniane

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Tra i progetti diretti nello scorso decennio da Tim Burton, quello di Dark Shadows era teoricamente tra quelli più nelle corde del regista di Burbank, e nasceva con premesse, in fondo, tutt’altro che negative. Basti pensare al tema, quello di un vampiro suo malgrado, un freak dalla forte connotazione grottesca ma non esente da un fondo malinconico, sia nel modo in cui viene introdotto, sia nell’aristocratico e solitario look che il film gli conferisce. Basti pensare alla trama gotica e alle potenzialità del modo in cui questa viene calata nella modernità, alla love story impossibile alla sua base, al fascino d’antan della serie tv a cui il progetto era ispirato (forse l’unica soap opera horror, da cui l’ideatore Dan Curtis trasse anche un paio di simpatici film negli anni ‘70). Alla luce del totale fallimento del recente Dumbo, nonché di un’evoluzione – o meglio, involuzione – della poetica di Burton in senso disneyiano (nell’accezione più deleteria del termine), standardizzato e privo di guizzi personali, vale forse la pena dare un nuovo sguardo a questo Dark Shadows. Film che, se non altro, presenta l’alter ego del regista Johnny Depp in un ruolo a lui congeniale, e in cui si possono ancora ravvedere sprazzi – pur in una sceneggiatura balbettante – di quella fantasia visionaria che, in passato, aveva contribuito a far innamorare del cinema, di quello di Burton e non solo, tanti spettatori.

Il vampiro imprenditore

Dark Shadows recensione

Al centro del plot di Dark Shadows c’è la figura di Barnabas Collins (interpretato da Depp), un vampiro aristocratico, un tempo proprietario di un impero ittico nella città di Collinsport, che dalla sua famiglia ha preso persino il nome. Uomo potente e playboy, Collins fece tuttavia l’errore di spezzare il cuore ad Angelique Bouchard (Eva Green), una giovane donna della servitù: questa, segretamente dedita ad atti di stregoneria, aveva lanciato su di lui una maledizione che aveva distrutto la sua famiglia, provocato il suicidio di sua moglie Josette (Bella Heathcote) e rinchiuso lui per l’eternità in una bara, vampirizzato. Ma il disseppellimento casuale della bara, decenni dopo, provoca la fuoriuscita di Barnabas, deciso a riprendere il suo posto nella cadente dimora di famiglia, il Collinwood Manor, e a riacquistare insieme alla sua famiglia il controllo del mercato ittico: quest’ultimo, ora, è dominato da una donna inquietantemente simile alla sua vecchia nemica, anche nel nome (Angie). Inoltre, l’incontro con Victoria, babysitter che nel volto ricorda tanto l’unica persona amata da Barnabas, consentirà al vampiro di sperare persino di ritrovare l’amore.

AAA protagonista cercasi

Dark Shadows recensione

Uno dei problemi del cinema di Tim Burton, probabilmente (e questo valeva anche per le sue opere più riuscite) è quello di affidarsi quasi sempre a sceneggiature da altri sviluppate, dipendendo in misura maggiore o minore dall’abilità dello scrittore di turno. Questo Dark Shadows, scritto da Seth Grahame-Smith (autore del libro-cult Orgoglio e pregiudizio e zombie) non fa eccezione, soffrendo di uno script che cerca di riprodurre almeno in parte, nella dimensione del lungometraggio, la struttura corale della serie originale. Missione quasi impossibile, laddove forse sarebbe stato meglio puntare con più decisione sulla figura di Collins, nonché sulle potenzialità della sua rinnovata love story: Smith, e con lui Burton, spostano invece lo sguardo ora sull’uno, ora sull’altro membro della decaduta famiglia, cercando di mantenere l’approccio soapoperistico del soggetto originale e mancando di focalizzare chiaramente i temi della storia. Paradossalmente, a Dark Shadows manca un vero protagonista, mentre l’ansia dello sceneggiatore di aprire subplot e approfondire personaggi secondari finisce per sottrarre compattezza al tutto, lasciando anche buchi di trama difficili da ignorare. Restano non sviluppati alcuni motivi potenzialmente interessanti (si pensi al passato della giovane babysitter, o alle facoltà paranormali del piccolo David) trasmettendo nel complesso un’impressione di scarsa coesione narrativa.

Frammenti di poetica burtoniana

Dark Shadows recensione

Tuttavia, Dark Shadows mostra anche lampi di quella visionarietà burtoniana a cui si accennava in partenza, non ancora compressa da soggetti privi di reale attinenza col mondo del regista (pensiamo anche al successivo e poco riuscito Big Eyes). Si pensi all’ambientazione anni ‘70 della storia, e al voluto contrasto creato con le scenografie smaccatamente gotiche della residenza dei Collins, e col look aristocratico del protagonista: un vampiro stokeriano calato in piena epoca hippy, con divertenti divagazioni dark e psichedeliche. Una delle sequenze più riuscite del film, a questo proposito, è l’happening rock che si svolge nella dimora del protagonista, in cui vediamo un Alice Cooper che interpreta se stesso e una scelta cromatica che ricorda da vicino l’indimenticata Remains of the Day, canzone-manifesto dello splendido La sposa cadavere. Ma ci sono anche altre, singole sequenze – si pensi alla divertente, surreale scena di sesso tra creature sovrannaturali, o alla riuscita resa dei conti finali – in cui il tocco del regista dimostra di non essersi esaurito, pur stretto tra le maglie di una sceneggiatura che lo trova spesso in sofferenza. Una sceneggiatura che, peraltro, non riesce neanche a sviluppare compiutamente il tema della diversità (così centrale nel cinema di Burton) e della condanna alla solitudine di tutti i freak: elementi che si riducono ai subito accantonati tentativi del vampiro di riacquistare una forma umana, tramite l’espediente delle trasfusioni di sangue.

Nel finale, poi, la mente finisce per andare con un certo fastidio a Twilight e ai suoi derivati, esempi di un filone letterario e cinematografico del tutto estraneo alla poetica del regista. I pur presenti elementi positivi di Dark Shadows, tuttavia, avrebbero portato solo pochi mesi dopo al riuscito remake “lungo” di Frankenweenie, sicuramente il miglior Burton dello scorso decennio. Ripensando proprio al film animato del 2012, nonché ai più lontani La sposa cadavere e Nightmare Before Christmas, viene da augurarsi che Tim Burton si possa misurare di nuovo con l’animazione, in un futuro non troppo lontano, per ritrovare finalmente ispirazione e slancio creativo. Chissà. La speranza, per quello che un tempo fu tra i più geniali freak del cinema hollywoodiano, è davvero l’ultima a morire.

Dark Shadows poster locandina
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Scheda

Titolo originale: Dark Shadows
Regia: Tim Burton
Paese/anno: Regno Unito, Stati Uniti, Australia / 2012
Durata: 113’
Genere: Horror, Commedia, Fantastico
Cast: Helena Bonham Carter, Michael Shannon, Eva Green, Chloë Grace Moretz, Christopher Lee, Johnny Depp, Michelle Pfeiffer, Jackie Earle Haley, Jonny Lee Miller, William Hope, Bella Heathcote, Alice Cooper, Gulliver McGrath, Ivan Kaye, Josephine Butler, Ray Shirley, Shane Rimmer, Susanna Cappellaro
Sceneggiatura: Seth Grahame-Smith
Fotografia: Bruno Delbonnel
Montaggio: Chris Lebenzon
Musiche: Danny Elfman
Produttore: Katterli Frauenfelder, Graham King, Brenda Berrisford, Derek Frey, David Kennedy, Richard D. Zanuck, Christi Dembrowski, Johnny Depp
Casa di Produzione: GK Films, Village Roadshow Pictures, Infinitum Nihil, Warner Bros., The Zanuck Company
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 11/05/2012

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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