DON’T WORRY DARLING

DON’T WORRY DARLING

L’opera seconda di Olivia Wilde, Don’t Worry Darling, propone una rilettura al femminile del genere thriller distopico, contando sull’eleganza della messa in scena e sulle buone prove di Florence Pugh, Harry Styles e Chris Pine. Ma il senso di déjà-vu grava (troppo) su tutto. Fuori concorso alla 79a Mostra del Cinema di Venezia.

Una distopia nel deserto

Pubblicità

C’era una certa curiosità intorno a questa opera seconda (da regista) di Olivia Wilde, di tre anni successiva al fortunato La rivincita delle sfigate, e stavolta accreditata per la sua premiere di un palcoscenico prestigioso, come quello della 79a Mostra del Cinema di Venezia. Una curiosità derivata dai consensi ricevuti dal lavoro d’esordio dell’attrice/regista americana, ma anche dal tema annunciato per questo nuovo film, piuttosto lontano da quello del lavoro precedente, e afferente a un genere (quello del thriller sci-fi, declinato in chiave distopica) tradizionalmente poco frequentato dalle cineaste donne. In effetti lo sguardo di questo Don’t Worry Darling – e dobbiamo dirlo a prescindere da qualsiasi considerazione sulla sua qualità artistica – è eminentemente al femminile, sia per il plot di partenza – che riporta smaccatamente indietro le lancette dell’orologio, presentando personaggi che incarnano ruoli di genere definiti e consolidati qualche decennio fa – sia per gli sviluppi, in cui l’elemento femminile rivela avere un peso determinante in tutta la costruzione narrativa. Una sorta di declinazione femminista del genere sci-fi (in senso lato) che in qualche modo fa il paio con l’analoga lettura dell’horror (a metà tra art e folk) proposta solo poco tempo fa da Alex Garland col suo Men.

Alice nella città dei segreti

Don't Worry Darling, Florence Pugh e Harry Styles in un momento
Don’t Worry Darling, Florence Pugh e Harry Styles in un momento del film

Privo di una collocazione spazio-temporale precisa, ma caratterizzato da abiti, acconciature e scenografie che sembrano a rimandare agli anni ‘50 americani, il plot di Don’t Worry Darling si svolge nell’immaginaria cittadina di Victory, posta nel bel mezzo del deserto; qui abita una comunità messa insieme da Frank, dirigente di un’azienda sperimentale che opera poco lontano, in un’area inaccessibile a chi non vi lavora, per un progetto top secret. Le famiglie coinvolte nel progetto sono state rilocate per intero a Victory, con gli uomini che ogni mattina lavorano nella zona soggetta a restrizioni, e le ignare donne che si godono il lusso della cittadina, partecipando a corsi di danza e occupandosi dei lavori domestici.

Ascolta “Avatar, torna in sala il cult di James Cameron” su Spreaker.

Lo strano e misterioso equilibrio di Victory inizia a incrinarsi quando una delle donne, Margaret, si avventura nella zona proibita alla ricerca del suo bambino scomparso, tornandone minata nel corpo e nella mente; una sorte che poco dopo sembra toccare anche a Alice, moglie del pupillo del dirigente, Jack, a sua volta soggetta a strane visioni dopo aver attraversato l’area interdetta. Testimone del tentato suicidio di Margaret, Alice si convince che tutta la comunità di Victory sia retta da una finzione, e che gli uomini della città, compreso suo marito, stiano lavorando a qualcosa di oscuro e pericoloso.

Un’idealizzazione da incubo

Don't Worry Darling, un'immagine
Don’t Worry Darling, un’immagine del film

Ha il suo indubbio magnetismo, l’ambientazione di Don’t Worry Darling, tutta stretta in un non-luogo rivelatosi immediatamente disturbante per la sua strutturazione, in uno smaccato rimando al passato che assume da subito i toni dell’incubo e della distopia. Victory (un nome non casuale, il cui senso tuttavia si intuirà solo più avanti), col suo isolamento geografico e il suo carattere di spazio autosufficiente, potrebbe esistere in un periodo storico qualsiasi; ma non si fa fatica a immaginarla in realtà lontana dai veri anni ‘50, vista la pedissequa e plasticosa replica che il suo spazio ne propone. Il titolo stesso del film di Olivia Wilde, peraltro, assume senso e funzionalità narrativa solo più avanti nella trama, quando il palese inganno rappresentato dalla città di Victory inizia a svelare il suo vero, fosco volto; un volto di cui qui ovviamente non riveleremo le fattezze, ma che si intuisce facilmente essere legato a doppio filo alla personalità del magnate Frank, personaggio interpretato con la consueta efficacia (e con qualche concessione a un gusto gigioneggiante ormai riproposto di ruolo in ruolo) da Chris Pine. Uno svelamento in cui lo spettatore viene guidato dall’ottica della Alice interpretata (bene) da Florence Pugh, tra inquietanti, geometriche coreografie di ballo riprese dall’alto, foschi stacchi di montaggio su visioni che forse sono ricordi, e un’indagine che si dipana grazie all’istinto e alla graduale comprensione mostrati dalla donna. Qualità che cozzeranno con l’incredulità (o forse con la complicità) del Jack interpretato da Harry Styles.

Un epigono elegante e già visto

Don't Worry Darling, Florence Pugh in una scena
Don’t Worry Darling, Florence Pugh in una scena del film

Il problema principale di Don’t Worry Darling – elegante distopia cinematografica con un occhio alla storia americana e un altro alla contemporaneità – sta sostanzialmente in un intreccio tutt’altro che innovativo, di cui si intuiscono da subito, facilmente, i contorni. La regista – che qui si ritaglia anche il ruolo di Bunny, migliore amica della protagonista – ha citato tra i suoi modelli opere come Inception, Matrix e The Truman Show, rivelando già molto sui contorni della storia; noi aggiungeremo che l’ambientazione ha qualche parentela col period horror di una serie come la recente Them, mentre la strutturazione del plot (e lo stesso sottotesto familiare) a tratti può ricordare il primo film di Jordan Peele, il folgorante Scappa – Get Out. Un insieme di rimandi corposo, per un prodotto che tuttavia – proprio per il tanto materiale analogo prodotto in questi anni – sembra arrivare un po’ fuori tempo massimo; la sua declinazione al femminile, di fatto, costituisce l’unica autentica variazione (non sfruttata come si sarebbe potuto) su un canovaccio abbondantemente collaudato. Se si va a ripercorrere a ritroso il plot, peraltro, non tutto torna come dovrebbe, mentre alcune soluzioni narrative (specie nell’ultima parte) sembrano mostrare i tratti della forzatura e dell’escapismo. Se le incongruenze si perdonano facilmente, tuttavia, più difficile è scrollarsi di dosso il senso di déjà-vu che accompagna l’intera operazione, ennesimo epigono di un sottogenere che anche in anni recenti ha visto riletture più originali e stimolanti.

Don't Worry Darling, la locandina italiana
Pubblicità

Scheda

Titolo originale: Don't Worry Darling
Regia: Olivia Wilde
Paese/anno: Stati Uniti / 2022
Durata: 122’
Genere: Thriller
Cast: Florence Pugh, Chris Pine, Gemma Chan, Olivia Wilde, Harry Styles, Nick Kroll, Douglas Smith, KiKi Layne, Timothy Simons, Asif Ali, Kate Berlant, Dita Von Teese, Monroe Cline, Sydney Chandler, Wylie Quinn Anderson
Sceneggiatura: Katie Silberman, Carey Van Dyke, Shane Van Dyke
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Affonso Gonçalves
Musiche: John Powell
Produttore: Katie Silberman, Roy Lee, Olivia Wilde, Miri Yoon
Casa di Produzione: Vertigo Entertainment, Warner Bros., New Line Cinema, New Line Productions
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 22/09/2022

Trailer

Pubblicità
Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.