UNA BIRRA AL FRONTE

UNA BIRRA AL FRONTE

Passato sotto l’egida di Apple TV+, Peter Farrelly prosegue con Una birra al fronte il discorso già iniziato in Green Book, con un prodotto mainstream all’insegna del ritratto d’epoca e dell’impegno civile; il risultato, al netto di schematizzazioni e passaggi poco credibili, è abbastanza efficace, grazie anche alla buona prova del protagonista Zac Efron.

Aria (e birra) di casa

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Il tema della guerra in Vietnam, a ormai quasi mezzo secolo dalla sua conclusione – e a dispetto dei tanti altri conflitti, altrettanto storicamente rilevanti, combattuti dagli USA nel frattempo – continua a più riprese ad agitare il cinema americano, configurandosi ancor oggi come un fantasma (o se si vuole una ferita aperta) che la coscienza dell’America non ha ancora elaborato del tutto. È in questa chiave – oltre che nel segno di una naturale, costituzionale inclinazione di certo cinema americano a riflettere sulla storia recente del paese – che vanno lette le frequenti opere audiovisive che continuano a trattare, direttamente e non, l’argomento; ed è in questa chiave che va letta anche la produzione di questo Una birra al fronte, adattamento targato Apple TV+ e firmato da Peter Farrelly del libro omonimo scritto dall’ex marine John “Chickie” Donohue, insieme alla giornalista Joanna Molloy. Lo spunto per libro e film è l’esperienza autobiografica di Donohue, nel 1967 marinaio ventiseienne impegnato sulle navi mercantili, lontano dall’inferno vietnamita; il giovane, rispondendo all’appello di uno degli amici del suo quartiere, accetta di raggiungere il Vietnam per portare un segno di solidarietà agli amici comuni partiti per il fronte, nella forma di una cassa di lattine di autentica birra americana. L’ingenuo proposito di Chickie si infrangerà sulla vera e propria odissea che il giovane sarà costretto ad attraversare una volta giunto nel paese asiatico, che lo vedrà prendere contatto con gli orrori della guerra e rischiare a più riprese la vita.

Una doppia evoluzione

Una birra al fronte, Zac Efron in una sequenza del film
Una birra al fronte, Zac Efron in una sequenza del film di Peter Farrelly

Dopo il temporaneo ritorno alla collaborazione col fratello Bobby per la serie The Now – al momento inedita in Italia – Peter Farrelly prosegue con questo Una birra al fronte nel solco tracciato dal precedente Green Book, nel segno di un’autorialità mainstream improntata (anche) all’impegno civile. A differenza del celebrato film del 2018, tuttavia, la critica americana non sembra aver apprezzato il nuovo sforzo dell’ex alfiere della comicità scorretta, forse anche a causa delle ambizioni di ritratto storico e sociale che il film, per molti versi, mostra; ambizioni che hanno per oggetto un evento tuttora sensibile per moltissimi americani, oltre che ampiamente trattato, nei decenni passati, da alcuni degli indiscussi capolavori della storia del cinema americano. Di fatto, comunque, nel film di Farrelly il conflitto vietnamita viene usato più che altro come sfondo – pur significativo – per la descrizione di un singolo personaggio, quello sorprendentemente ben interpretato da Zac Efron; un personaggio presentato dapprima come un misto di meschino individualismo e ingenua fiducia nel potere, che si accolla il compito destinato a cambiargli la vita più per un’estemporanea sbruffoneria che per un reale, consapevole progetto. L’evoluzione subita dal personaggio interpretato da Efron, nella storia, si traduce anche nell’evoluzione del tono del film, che dall’iniziale mood da commedia – pur gravata dal tema della paura e del lutto – digrada sempre più nel dramma, e nella resa a tinte forti dell’inferno bellico.

Da casa all’inferno

Una birra al fronte, Zac Efron in una drammatica scena del film
Una birra al fronte, Zac Efron in una drammatica scena del film di Peter Farrelly

Trattando il tema della guerra dal punto di vista di chi resta a casa (almeno nella prima parte) Una birra al fronte si pone quindi sullo stesso terreno di classici – ovviamente inarrivabili – come Il cacciatore e Un mercoledì da leoni, puntando soprattutto a descrivere il clima di incertezza sociale – moltiplicato dalle cattive notizie rimbalzate dai media, dalle bugie del governo sull’andamento del conflitto, e dalla spaccatura nell’opinione pubblica sulla sua giustificabilità o meno – generato dalla guerra stessa. In tutta la prima parte del film, centrale è la giustapposizione tra il limitato orizzonte esperienziale del protagonista – quello degli amici di sempre del quartiere, da cui allontanarsi solo temporaneamente per missioni da cui sicuramente si farà ritorno – e un conflitto che ruba vite e affetti senza neanche offrire, in cambio, una spiegazione chiara sui suoi obiettivi. Per tutta la prima fase del film, il Vietnam è solo una parola che misura il grado del patriottismo del singolo, la nebulosa necessità dei figli del benessere di essere all’altezza dei padri (materiali e spirituali, come l’ex militare col volto di Bill Murray), il terreno di scontri familiari tra un patriottismo confuso e basico e un pacifismo dolente e materialmente preoccupato (quello della sorella del protagonista). La frazione del film di Farrelly più improntata alla commedia, nelle sue semplificazioni a volte schematiche, è utile soprattutto a preparare il terreno a ciò che verrà dopo.

Limiti e resa d’ambiente

Una birra al fronte, Russell Crowe e Zac Efron in una scena del film
Una birra al fronte, Russell Crowe e Zac Efron in una scena del film di Peter Farrelly

Un “dopo”, quello che coincide con l’immersione del protagonista nel teatro bellico, che farà segnare una presa di coscienza magari risaputa nelle sue tappe, forse anche poco credibile in molti dei suoi snodi, ma nondimeno intensa ed efficace nella sua resa drammatica e negli esiti; un’intensità raggiunta anche grazie a una buona ricostruzione d’ambiente, oltre che a una messa in scena del conflitto che calca la mano sulla componente più “grafica” solo laddove è necessario. Alcuni passaggi narrativi risultano magari forzati – tra cui i reiterati siparietti tra il protagonista e il militare dell’aviazione, fermamente convinto di avere a che fare con un agente della CIA in incognito, mentre resta embrionale e poco sviluppato il subplot che vede il personaggio di Chickie interagire coi giornalisti di stanza a Saigon, e in particolare col fotoreporter interpretato da Russell Crowe. Proprio il personaggio di quest’ultimo, grazie anche alle potenzialità che emanano dall’attuale look dell’attore, poteva essere sfruttato meglio e con più continuità dalla sceneggiatura, mentre di fatto il suo ruolo resta limitato a quello di simbolica “guida” per la presa di coscienza del protagonista. Nondimeno, il climax dell’ultima frazione di Una birra al fronte resta sicuramente efficace, con una progressione degli eventi bellici che sostanzia e giustifica la stessa evoluzione del personaggio. Un esito che tiene lontano il film di Farrelly dalla ricostruzione storica e sociale rigorosa, ma che lo pone comunque sul piano di un discreto prodotto mainstream, in grado di coniugare mediamente bene esplorazione sociale e racconto in chiave spettacolare di un’emblematica vicenda di crescita personale.

Una birra al fronte, la locandina del film
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Scheda

Titolo originale: The Greatest Beer Run Ever
Regia: Peter Farrelly
Paese/anno: Stati Uniti / 2022
Durata: 126’
Genere: Commedia, Guerra, Drammatico, Avventura
Cast: Bill Murray, Zac Efron, Russell Crowe, Archie Renaux, Jake Picking, Kyle Allen, Paul Adelstein, Christopher Reed Brown, Hal Cumpston, Joe Adler, Kevin K. Tran, Kristin Carey, MacGregor Arney, Pedro Correa, Ruby Ashbourne Serkis, Shirleyann Kaladjian, Will Hochman, Will Ropp
Sceneggiatura: Peter Farrelly, Pete Jones, Brian Hayes Currie
Fotografia: Sean Porter
Montaggio: Patrick J. Don Vito
Musiche: Dave Palmer
Produttore: Dana Goldberg, Oliver Ackermann, Brett Glatman, Don Granger, Chris Lowenstein, Andrew Muscato, J.B. Rogers, Jake Myers, Joe Russo, David Ellison
Casa di Produzione: Living Films, Skydance Media
Distribuzione: Apple TV+

Data di uscita: 30/09/2022

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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