DJANGO – LA SERIE

DJANGO – LA SERIE

I primi due episodi della serie Sky, diretti da Francesca Comencini, mostrano un approccio più vicino alla serialità moderna – e alle declinazioni più recenti del western – che al cinema di genere italiano che fu: questo nuovo Django, comunque, parte con basi sufficientemente intriganti, nel segno della rivitalizzazione di un’icona ancora foriera di suggestioni. Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022, nella sezione Freestyle.

Django Reloaded

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È poco più di un antipasto, quello che abbiamo visto in questa 17a edizione della Festa del Cinema di Roma, di quello che sarà il più completo corpus della nuova serie Django, remake/reimagining taragato Sky e Cattleya del classico dello spaghetti western del 1966 di Sergio Corbucci. Un antipasto che comunque – nei primi due episodi diretti da Francesca Comencini – ci dà la possibilità di fare almeno qualche considerazione preliminare su questa serie, annunciata già nel 2015 e infine realizzata nella primavera 2021, set romeno a riprodurre un decadente e insolito West (almeno – da diversi decenni – alle nostre latitudini) con un cast quasi interamente europeo. In via preliminare, possiamo dire che il personaggio qui interpretato – piuttosto efficacemente, ci sembra – dal belga Matthias Schoenaerts prende spunto in modo solo indiretto da quello storico di Franco Nero, riproducendone non tanto la fisicità (decisamente più massiccia) quanto l’attitudine taciturna e l’enigmatico passato. Un remake letterale del lavoro di Corbucci, d’altronde, avrebbe avuto poco senso, visto come lo stesso personaggio si è trasformato nei decenni in un prototipo, più che in una figura chiaramente delineata; un prototipo che è nelle sue varie incarnazioni è andato a segnare a fondo la storia dello spaghetti western, diventando poi protagonista di almeno due “resurrezioni” internazionalmente degne di nota (il Sukiyaki Western Django del 2007 di Takashi Miike, e il successivo Django Unchained, datato 2012, di Quentin Tarantino).

Uno straniero a New Babylon

Django, Nicholas Pinnock in una scena della serie
Django, Nicholas Pinnock in una scena della serie Sky

Il plot della serie, ambientato nella seconda metà dell’800, vede il personaggio di Django, ex soldato della guerra di secessione, approdare a New Babylon, una comunità fondata da un gruppo di schiavi liberati; la comunità, guidata dalla carismatica figura di John Ellis (Nicholas Pinnock), offre rifugio a fuorilegge e sbandati di ogni estrazione, promettendo la liberazione per i reietti e applicando una legislazione indipendente dal governo centrale, sotto l’assoluta guida del suo leader. Dopo essersi fatto notare in un combattimento clandestino, Django si imbatte in Sarah (Lisa Vicari), una ragazza che sta per sposare Ellis; nella giovane, il pistolero riconosce sua figlia, scampata anni prima al massacro della sua famiglia. Django decide così di restare nella comunità, determinato a riallacciare i rapporti con Sarah; gli abitanti di New Babylon, nel frattempo, sono minacciati dagli uomini di Elizabeth (Noomi Rapace), la spietata guida spirituale di una cittadina vicina, determinata a eradicare il “peccato” anche con i mezzi più brutali. Mentre lo scontro tra le due comunità si fa più vicino, scopriamo scorci della storia familiare di Django e Sarah, e veniamo inoltre a conoscenza di un oscuro legame che unisce il passato di Ellis a quello di Elizabeth.

Un racconto di ampio respiro

Django, Lisa Vicari in una scena della serie
Django, Lisa Vicari in una scena della serie Sky

Queste prime due puntate della serie creata da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli mostrano, di fatto, un approccio più vicino al period drama che allo spaghetti western propriamente detto, offrendo solo brevi rimandi – la bara trascinata dal protagonista nell’originale, qui spazio dove vengono riposte le armi di coloro che entrano a New Babylon, alcuni passaggi della colonna sonora dei Mokadelic – al film di Corbucci e al filone di cui fa parte. Giudicando dai 100 minuti scarsi che abbiamo appena visto, chi si dovesse aspettare un omaggio dal sapore vintage a uno dei più floridi filoni del cinema italiano che fu, resterà probabilmente deluso: questo Django sembra essere un prodotto coi piedi ben calati nel cinema – e soprattutto nella serialità – del periodo che va dagli anni ‘10 in poi, sia esteticamente che narrativamente. Proprio dal punto di vista del racconto, di fatto, la serie sembra volersi prendere il suo tempo per dipanare le complesse vicende che legano i suoi personaggi, abbozzando il background familiare del protagonista in singoli, rapidi flashback, e lasciando intendere (nel finale del secondo episodio) un legame tra i personaggi di Ellis ed Elizabeth, che resta tutto da chiarire e approfondire. La semplicità narrativa – precondizione per la brutalità estetica – dello spaghetti western storico resta quindi lontana, diluita in una struttura che punta a costruire un racconto epico e di ampio respiro. Con quali esiti, è ancora tutto da chiarire.

Appuntamento al 2023

Django, Noomi Rapace in una scena della serie
Django, Noomi Rapace in una scena della serie Sky

La natura internazionale di questo nuovo Django, e l’importante budget impiegato, restano comunque ben visibili in questi primi due episodi, insieme all’esperienza maturata nel genere action da Francesca Comencini – memore delle regie di vari episodi della popolarissima Gomorra. La ricostruzione di un west ancora intimamente wild è sicuramente sontuosa, capace di valorizzare al meglio il fascino degli esterni, con un largo uso di campi lunghi e lunghissimi a contrastare i claustrofobici interni di New Babylon, e i suoi sporchi e polverosi dintorni. Lo sguardo degli sceneggiatori, anche con l’introduzione dei nativi americani – quasi assenti dal western italiano che fu – sembra rivolgersi più che altro alla classica declinazione hollywoodiana del genere, recuperando anche la sua recente revisione tarantiniana (con Django Unchained, ma anche col successivo The Hateful Eight). Le sequenze d’azione di questo Django – in questi primi due episodi ce ne sono almeno un paio degne di nota – restano comunque robuste e ben dirette, innervate dal giusto quantitativo di fisicità e improntate a un realismo che resta anch’esso di marca squisitamente moderna. Gli archi narrativi dei personaggi – in primis quello dello stesso protagonista – restano tutti da sviluppare, in un prodotto che finora sembra essersi limitato a porre le basi per quello che verrà. Basi, comunque, sufficientemente intriganti, capaci sulla carta di dare una nuova vita (nel vero senso della parola) a un’icona giustamente restia a essere relegata alla storia del cinema italiano di genere che fu. Attendiamo quindi il 2023.

Django, la locandina della serie
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Scheda

Titolo originale: Django
Creata da: Leonardo Fasoli, Maddalena Ravagli
Regia: David Evans, Francesca Comencini
Paese/anno: Francia, Italia / 2023
Genere: Western
Cast: Noomi Rapace, Matthias Schoenaerts, Elliot Edusah, Maya Kelly, Romario Simpson, Slavko Sobin, Adam Basil, Antal Edgar Miklos, Benny O. Arthur, Dakota Trancher Williams, Darius Eteeyan, Eric Kole, Haris Salihovic, Joshua J Parker, Jyuddah Jaymes, Lisa Vicari, Mark Oosterveen, Nicholas Pinnock, Oleksandr Rudynskyy
Sceneggiatura: Maddalena Ravagli, Francesco Cenni, Max Hurwitz, Michele Pellegrini, Leonardo Fasoli
Fotografia: Valerio Azzali, Giovanni Canevari, Francesco Di Giacomo
Montaggio: Patrizio Marone
Musiche: Mokadelic
Produttore: Riccardo Tozzi, Andrei Boncea, Sonia Rovai, Olivier Bibas, Nils Hartmann
Casa di Produzione: Canal+, Atlantique Productions, Sky, Cattleya
Distribuzione: Sky / NOW

Data di uscita: 17/02/2023

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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