THE PIPER

THE PIPER

Rivisitazione in chiave horror di un’antica leggenda, The Piper si avvale di una buona costruzione dell’atmosfera e della sempiterna suggestione del suo tema (il potere malefico della creazione musicale); tuttavia, il film di Erlingun Thoroddsen non riesce a sfruttare appieno le tante potenzialità del suo soggetto, trasmettendo l’impressione di un prodotto di genere affascinante quanto in parte incompiuto.

Il melodioso maleficio

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L’intreccio narrativo tra orrore e musica non è certo una novità, al cinema. Dalle varie trasposizioni del classico Il fantasma dell’opera in poi, l’horror ha spesso assunto come sua suggestione centrale il tema della creazione musicale – variante particolarmente funzionale di quello della creazione artistica – come fonte di contatto con un potere oscuro e potenzialmente mortale: si pensi a titoli come il disturbante The Perfection, o il più recente (e ludico) Studio 666, a sua volta debitore di cult movie autoironici legati al mondo dell’heavy metal come Morte a 33 giri. Anche l’indimenticato sceneggiato italiano Il segno del comando, in una sua sottotrama, andava a toccare il tema di un motivo musicale antico, nascosto dai suoi custodi perché ritenuto maledetto. Proprio intorno a questa suggestione di base viene costruita la trama di questo The Piper, horror di produzione statunitense diretto dal regista islandese Erlingun Thoroddsen, rivisitazione in chiave contemporanea della leggenda del pifferiaio di Hamelin. Al centro del plot c’è il personaggio della compositrice e flautista Mel (Charlotte Hope), che, dopo la tragica scomparsa della sua mentore Katharine, decide di portare sul palco il concerto a cui questa stava lavorando: si tratta di una partitura che era stata eseguita una sola volta da Katharine 50 anni prima, in un’esibizione che aveva avuto tragici risvolti. Spinta dal tirannico direttore d’orchestra Gustafson (Julian Sands) e incurante del diniego della sorella di Katharine – convinta che la composizione sia maledetta – Mel riesce a entrare in possesso delle registrazioni e dello spartito, accettando di completarne la stesura. Quando, tuttavia, la figlioletta Zoe ascolta i nastri insieme a un suo coetaneo, scatenando un effetto imprevisto, la donna si convince che la composizione contenga davvero un potere malefico.

La costruzione dell’atmosfera

The Piper, Julian Sands in una scena del film
The Piper, Julian Sands in una scena del film

Muove da un soggetto di sicura suggestione, The Piper, risultato della lunga tradizione di cui si diceva sopra, ma anche di un’efficace messa in scena da parte del regista, che valorizza adeguatamente il carattere gotico del racconto. Fin dal prologo, che mostra la morte della compositrice Katharine, la trama sceglie di giocare a carte scoperte, esplicitando la natura sovrannaturale della minaccia che grava sui protagonisti, e legando lo spartito composto dalla donna a un potere oscuro e potenzialmente indistruttibile. Nonostante ciò, il film di Thoroddsen resta comunque piuttosto sobrio nelle atmosfere per tutta la sua prima parte, giocando in modo efficace con la suggestione delle note incriminate (il motivo di base, nella sua semplicità, ha un’innegabile potere mesmerico) e non eccedendo nell’ormai abusato e onnipresente uso del jumpscare. Al contrario, c’è un’apprezzabile gradualità nel modo in cui viene raccontata la minaccia che grava sulla protagonista, di cui viene messa in evidenza la malcelata ambizione (e qui torna in mente il già citato The Perfection), in qualche modo coperta dal sincero debito di riconoscenza con la mentore scomparsa. Un tema, quello dell’ambizione, che sostanzia in modo apprezzabile il personaggio, e lo porta in conflitto con la figura del collega Franklin, pregiudizialmente preferito a lei dal direttore d’orchestra Gustafson. Proprio quest’ultimo, interpretato con apprezzabile istrionismo da Julian Sands in una delle sue ultime prove (il film, nei titoli di coda, è dedicato proprio all’attore scomparso) soffre al contrario di una caratterizzazione forse un po’ troppo monocorde nel suo voler essere sopra le righe; una programmatica sgradevolezza che, per quanto ben resa dall’attore, finisce in parte per appiattire e depotenziare il personaggio. Un limite che comunque non inficia più di tanto l’efficace atmosfera che il film riesce a costruire per tutta la sua prima parte.

Suggestioni e limiti

The Piper, Charlotte Hope in un'immagine del film
The Piper, Charlotte Hope in un’immagine del film

Forte anche di un’apprezzabile comparto visivo, e di una regia che valorizza bene le aperture oniriche della trama (i rapidi scorci del mondo da incubo evocato dalla musica sono molto suggestivi), The Piper non riesce tuttavia – ed è un peccato – a sfruttare del tutto le sue molte potenzialità, in primis dal punto di vista narrativo: in questo senso, per esempio, il personaggio della piccola Zoe – di cui viene evidenziata fin da subito la sordità – poteva trovare sicuramente un utilizzo più efficace; questo sia in ragione della sua disabilità, il cui contrasto diretto col carattere “sensoriale” della minaccia avrebbe potuto dare adito a soluzioni sicuramente più interessanti, sia per la forza insita da sempre, nel genere, nell’elemento dell’infanzia come ambiguo incubatore/antidoto del male, qui in effetti solo accennato. Un limite di fatto non di poco conto, specie se si pensa alla centralità che questo elemento riveste nella leggenda iniziale, di cui la storia riprende e riadatta le suggestioni.

In ogni caso, la costruzione narrativa di The Piper cattura e seduce lo spettatore in modo certamente efficace – anche se a ben vedere tutt’altro che nuovo – portando, nell’ultima parte, a uno sviluppo apprezzabile nella sua insolita graficità: ci arriva, il film di Erlingun Thoroddsen, con qualche scivolone strada facendo (la resa digitale degli effetti del maleficio sulle vittime, con gli occhi trasformati, lascia molto a desiderare) ma in modo coerente e con punte di buona suggestione visiva – specie nella resa finale del “mondo” del malvagio pifferaio, su cui ci si poteva forse soffermare di più. La risoluzione della vicenda – specie nel mezzo scelto dalla protagonista per far fronte alla minaccia – lascia un po’ a desiderare per la sua prevedibilità, pur restando in fondo coerente con lo sviluppo della storia; così come coerente, ma scontato, si rivela il controfinale, anch’esso un po’ stanco nella sua programmaticità. Limiti che, per quanto lascino l’amaro in bocca per le potenzialità in parte non sfruttate dell’opera, non inficiano complessivamente la godibilità di The Piper come puro prodotto di genere, capace di rileggere con buona personalità una leggenda dalle infinite suggestioni.

Locandina

The Piper, la locandina italiana del film di Erlingur Thoroddsen
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Scheda

Titolo originale: The Piper
Regia: Erlingur Thoroddsen
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 95’
Genere: Horror
Cast: Julian Sands, Boyan Anev, Alexis Rodney, Aoibhe O’Flanagan, Charlotte Hope, Kate Nichols, Louise Gold, Oliver Savell, Philipp Christopher, Pippa Winslow, Salomé Chandler
Sceneggiatura: Erlingur Thoroddsen
Fotografia: Daniel Katz
Musiche: Christopher Young
Produttore: Les Weldon, Bernard Kira, Jeffrey Greenstein, Tanner Mobley, Yariv Lerner, Jonathan Yunger
Casa di Produzione: Millennium Media
Distribuzione: Vertice 360

Data di uscita: 18/01/2024

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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