NON VOLERE VOLARE

NON VOLERE VOLARE

Benvenuti al corso di “Fearless Flyers”, la guida terapeutica per coloro che desiderano diventare viaggiatori senza paura. Non volere volare mostra infatti un gruppo di persone che cercano di superare la loro fobia per il volo. Ben presto però il tema della paura di decollare, e delle conseguenze che porta ad avere, viene abbandonato, lasciando il posto a un insieme di situazioni più o meno assurde e alle reazioni che ne scaturiscono. All’interno di quello che sta diventando un topos almeno di un certo cinema scandinavo, stavolta la narrazione appare poco convincente per far appassionare ai personaggi, e ridere delle disavventure che si ritrovano ad affrontare.

Viaggiatori senza paura

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L’immobiliarista Sarah (Lydia Leonard), il famoso scrittore Edward (Timothy Spall) e l’aspirante inventore di successo di app Alfons (Sverrir Gudnason), in compagnia della sua fidanzata super influencer Coco (Ella Rumpf) sono i frequentatori di un corso speciale che ha l’obiettivo di liberare le persone dalla paura di volare. La prova del nove è rappresentata dal volo vero e proprio da effettuare in compagnia delll’istruttore Charles (Simon Manyonda), che non va però del tutto come dovrebbe, lasciando il gruppo in un resort di lusso a Reykjavik; qui, la paura di librarsi da terra diventerà l’ultima delle preoccupazioni…

Ed è proprio dall’Islanda che proviene il regista della commedia Non volere volare, Hafsteinn Gunnar Sigurðsson, qui al primo lungometraggio internazionale ad arrivare sui nostri schermi, frutto di una coproduzione con Regno Unito e Germania. Chi scrive queste righe non può certo affermare di essere anch’esso un amante del volo, ritrovando quindi una certa familiarità sulle premesse da cui parte il film; interessanti, almeno finché la sceneggiatura scritta da Tobias Munthe insieme allo stesso Sigurðsson decide di rimanere su questa pista.

Finzioni

Non volere volare, un'immagine tratta dal film
Non volere volare, un’immagine tratta dal film

Sono queste il nocciolo un po’ di tutto il film, a partire dalla sua impostazione narrativa che il risibile titolo italiano rende ancora più fuorviante (l’originale Northern Comfort trova spiegazione e maggior senso nel corso della pellicola). Quello del volo diventa infatti ben presto un elemento di contorno. Si, c’è la simulazione di un viaggio, con tanto di spiegazione su come il nostro cervello produca un ormone dello stress quando non ci sentiamo al sicuro; ci sono le istruzioni sui comportamenti da tenere in caso di emergenza aerea, ci sono ovviamente le turbolenze e i tic contro cui combattere, la paura e le conseguenze che quest’ultima comporta (bugie, la non accettazione di sé stessi). Tuttavia, il focus si sposta prepotentemente sui personaggi che non sono mai quello che sembrano e i cui scheletri nell’armadio vengono a galla a mano a mano che si ritrovano a sopravvivere in un’inospitale Islanda.

Il personaggio che seguiamo maggiormente è quello di Sarah che, ad esempio, finge di non avere alcuna paura di volare ma dovrebbe raggiungere in vacanza il fidanzato (Emun Eliot) e sua figlia a Capo Verde; o, ancora, Edward diventa sempre più esaltato di fronte agli eventi del film che risvegliano in lui gli istinti da veterano di guerra delle Falkland che nella sua ottica dovrebbero portare il gruppo in salvo, Non volere volare si rivela così essere un processo di auto consapevolezza corale che però si dimostra troppo poco profondo quando non spiazzante nel suo scioglimento, penalizzando soprattutto il personaggio di Alfons e l’origine della sua paura di volare. Alla fine, l’unico che provoca davvero un minimo di empatia nello spettatore è con tutta probabilità il povero istruttore Charles, tanto entusiasta di partire con il suo gruppo quanto incapace di gestirlo negli imprevisti, rivelandosi comunque anche lui non certo il miglior istruttore auspicabile con cui affrontare una simile esperienza.

Standard ma non troppo

Non volere volare, una scena del film
Non volere volare, una scena del film

Se, dunque, in una prima e breve parte che coinvolge l’aspetto “fobico”, Non volere volare sembra andare nella direzione della commedia più classica, ben presto vira verso un’atmosfera piuttosto fredda, cui danno man forte la grigia Londra e l’ostile Islanda che fanno da sfondo alle vicende. Nel momento in cui infatti il gruppo di coraggiosi viaggiatori arriva alla fine del volo di prova, il tono del film si sposta su quell’assurdo caos tanto caro a un certo cinema scandinavo: solo che la pellicola di Sigurðsson si rivela meno graffiante e riuscita rispetto alle opere dei colleghi soprattutto svedesi, che vedono chiaramente Ruben Östlund in prima linea. Ritroviamo infatti il tema del viaggio, dell’influencer, delle dinamiche di un gruppo, con la differenza che il tutto viene condito con messaggi di vita più positivi (“lascia andare ciò di cui non hai controllo”).

Pur con tutti i benefici del dubbio, è probabile che stavolta si senta maggiormente la differenza tra l’umorismo nordico e quello del resto d’Europa, ma il punto è: alla fine di questo viaggio in quale aeroporto si atterra (o si rimane) realmente? Quello della critica sociale di un mondo in cui per considerarsi realmente civilizzati non ci si può permettere di aver paura di salire su un aereo? O in quello delle pure e semplici commedie, senza troppe pretese, che nascono dallo scontro tra fobie e relativi imprevisti? Quel che è certo è che gli spettatori che hanno davvero paura di volare e vogliono cimentarsi con questa visione possono entrare in sala tranquilli: Non volere volare è una pellicola che non riesce mai realmente a decollare e che ci mostra come le vere turbolenze sono a terra più che in aria. A proposito, aspiranti “fearless flyers”: siamo davvero sicuri che l’aereo sia un mezzo meno sicuro della macchina?

Locandina

Non volere volare, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Northern Comfort
Regia: Hafsteinn Gunnar Sigurðsson
Paese/anno: Regno Unito, Germania, Islanda / 2023
Durata: 97’
Genere: Commedia
Cast: Rob Delaney, Timothy Spall, Ashley McGuire, Björn Hlynur Haraldsson, Emun Elliott, Lydia Leonard, Sverrir Gudnason, Ahd Tamimi, Cain Aiden, Ella Rumpf, Georgi Georgiev, Gillian Vassilliou, Gina Bramhill, Graham Littlewood, Naveed Khan, Nick Blakeley, Rene Costa, Serene Gardner Masoud, Simon Manyonda, Svandis Dora Einarsdottir
Sceneggiatura: Hafsteinn Gunnar Sigurðsson, Halldór Laxness Halldórsson, Tobias Munthe
Fotografia: Niels Thastum
Montaggio: Kristján Loðmfjörð
Musiche: Daníel Bjarnason
Produttore: Mike Goodridge, Fred Burle, Sol Bondy, Ben Coren, Grímar Jónsson, Sindri Páll Kjartansson
Casa di Produzione: Netop Films, Good Chaos, ONE TWO Films
Distribuzione: I Wonder Pictures

Data di uscita: 18/04/2024

Trailer

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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