GRAN TURISMO – LA STORIA DI UN SOGNO IMPOSSIBILE

GRAN TURISMO – LA STORIA DI UN SOGNO IMPOSSIBILE

Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile unisce il filone del cinema videoludico a quello del biopic sportivo, restando tuttavia troppo iconograficamente legato alla fonte di partenza, e scontando una sceneggiatura eccessivamente lineare e prevedibile.

Dai pixel all’asfalto

Pubblicità

Annunciato per la prima volta circa un decennio fa, poi passato più volte di mano, e infime soggetto a un cambio radicale di forma, il progetto di Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile (il sottotitolo è ovviamente un’aggiunta della titolazione italiana) unisce due filoni particolarmente fortunati negli ultimi anni: da un lato quello dei film tratti da videogiochi, sottogenere non sempre coronato da esiti artisticamente felici, ma certamente molto fecondo – da ormai circa un trentennio a questa parte – a livello commerciale; dall’altro il filone dei film sull’automobilismo, trainato da titoli come Rush, Le Mans ’66 – La grande sfida e il recentissimo Ferrari, ritorno al cinema di Michael Mann che abbiamo potuto vedere in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film di Neill Blomkamp, tuttavia, prende sostanzialmente solo il “marchio” della famosa saga videoludica per PlayStation, utilizzandolo per raccontare quella che è in realtà una storia vera: parliamo della vicenda di Jann Mardenborough, giovanissimo giocatore del simulatore PlayStation Gran Turismo che partecipò alla Nissan PlayStation GT Academy – competizione pensata per fornire ai gamers la possibilità di diventare veri piloti – vincendola ed entrando direttamente nel mondo dell’automobilismo professionistico.

Più sponsorizzazione che trasposizione

Gran Turismo, Archie Madekwe e David Harbour in una scena del film
Gran Turismo, Archie Madekwe e David Harbour in una scena del film

La valutazione di questo Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile, alla luce della particolarità del suo progetto, non può quindi tener conto di parametri come la fedeltà al materiale originale, o il modo in cui la sua effettiva confezione strizzi l’occhio o meno ai videogiocatori (continuiamo per comodità a usare questa definizione, nonostante nel film si insista a più riprese per specificare che non di gioco si tratta, ma di vero e proprio simulatore): siamo infatti, a tutti gli effetti, più dalle parti del biopic sportivo – genere del quale il film segue quasi tutte le tappe fondamentali – che dell’adattamento videoludico. Ciò non toglie, tuttavia, che i marchi PlayStation e Sony siano in bella vista ovunque, e che il film trasmetta a più riprese l’idea di essere soprattutto una sponsorizzazione dei due colossi appena citati, oltre che della Nissan e della stessa GT Academy. Va forse letta proprio alla luce di questo suo legame diretto (anche solo a livello iconografico) col prodotto di partenza, e della sua scelta di sfruttarne a fondo il marchio, la presenza di certe trovate visive che, in un film dall’impianto sostanzialmente realistico, appaiono di fatto un po’ stonate: dalle sovrimpressioni digitali di posizioni e traiettorie durante le gare alle trasfigurazioni di queste ultime in forma videoludica, fino a qualche superflua sequenza onirico/digitale, atta solo a rimarcare le origini da videogiocatore del protagonista (interpretato dal valido Archie Madekwe).

La validità dell’impianto visivo

Gran Turismo, un momento del film
Gran Turismo, un momento del film

Al di là di una confezione generale che, proprio in questo senso, resta forse un po’ zavorrata (anziché arricchita) dal suo legame col materiale originale, Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile resta comunque un prodotto, visivamente e registicamente, più che sufficiente, pur non toccando i vertici di spettacolarità adrenalinica di un film come il già citato Rush. Nonostante l’impressione generale sia che Blomkamp – regista dal tocco solitamente più che riconoscibile, pur nei diversi generi trattati – si sia messo qui al servizio di un ingombrante apparato produttivo, le sequenze in pista trasmettono complessivamente bene la fisicità e il senso di pericolo costante dell’esperienza di guida, culminati nella lunga parte che mette in scena (in forma ovviamente sintetizzata) la 24 ore di Le Mans, a cui il protagonista realmente partecipò. Proprio alla luce di questa resa fedele dell’incomparabile senso di fisicità della corsa – e dell’insistenza che nella storia, a più riprese, si fa sul contrasto tra quest’ultima e l’abilità asettica, più facilmente soggetta a calcolo e prevedibilità, nel partecipare a una gara simulata – restano ancor più stridenti i continui riferimenti al videogioco originale, ma anche quelli ai marchi ispiratori: una sorta di zavorra, che in qualche modo finisce per ostacolare la sospensione dell’incredulità e ricordare continuamente allo spettatore, quasi in ogni scena, che di fatto sta vedendo qualcosa di vicino a un film-spot.

Un sogno probabile

Gran Turismo, Olrando Bloom in una scena del film
Gran Turismo, Olrando Bloom in una scena del film

Il problema principale di Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile, comunque, non sta tanto nell’appena citato legame a doppio filo col “marchio” di partenza, quanto in una sceneggiatura decisamente esile; uno script che ricalca in modo fin troppo lineare e prevedibile gli stilemi del film sportivo, senza deviare neanche per un attimo da quel canovaccio che già altri, a più riprese, hanno tracciato. Si intuisce fin troppo facilmente ogni singolo snodo narrativo (in un plot che ovviamente ha accomodato in modo piuttosto libero gli eventi a cui si ispira) così come le backstories dei personaggi (ne è un esempio lampante l’allenatore interpretato da David Harbour, ex pilota tormentato e sconfitto che trova il suo riscatto nell’addestramento del giovane virgulto). Qualche potenzialità in più la offriva il Danny Moore di Orlando Bloom, executive della Nissan descritto come un visionario, e inizialmente restio a portare in pista – e davanti alle telecamere – la poco telegenica figura del protagonista; ma il personaggio finisce rapidamente in secondo piano in favore di quelli interpretati da Harbour e Madekwe, cuore del film. Un peccato, perché lo script non riesce a caricare di un’adeguata tensione drammatica il rapporto maestro/allievo, né a fornire la giusta epica a una vicenda che finisce per reggersi solo sul suo buon impianto visivo. Tra goffi tentativi di melò (un paio di sequenze che coinvolgono il protagonista e suo padre, interpretato da Djimon Hounsou) e un telefonato accenno di love story con la giovane interpretata dall’esordiente Maeve Courtier-Lilley, Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile arriva dritto laddove ci si aspetta, senza regalare sorprese ma latitando anche di autentiche emozioni. Il suo problema, forse, sta proprio nel mancato rispetto della promessa del sottotitolo italiano: quel sogno, fin dall’inizio, non ci appare certo impossibile, ma anzi dal coronamento più che probabile. E questo, al cinema, è sempre un problema.

Pubblicità

Locandina

Gran Turismo, la locandina italiana del film

Gallery

Scheda

Titolo originale: Gran Turismo
Regia: Neill Blomkamp
Paese/anno: Stati Uniti, Giappone / 2023
Durata: 134’
Genere: Drammatico, Azione, Sportivo
Cast: David Harbour, Djimon Hounsou, Orlando Bloom, Akie Kotabe, Archie Madekwe, Thomas Kretschmann, Daniel Puig, Darren Barnet, Geri Horner, Harki Bhambra, Jamie Kenna, Josha Stradowski, Maeve Courtier-Lilley, Niall McShea, Nikhil Parmar, Pepe Barroso, Royce Cronin, Sadao Ueda, Takehiro Hira, Wai Wong
Sceneggiatura: Jason Hall, Zach Baylin
Fotografia: Jacques Jouffret
Montaggio: Austyn Daines, Eric Freidenberg, Colby Parker Jr.
Musiche: Andrew Kawczynski, Lorne Balfe
Produttore: Asad Qizilbash, Doug Belgrad, Dana Brunetti, Takuya Asano, Darren Cox, Carter Swan
Casa di Produzione: Trigger Street Productions, TSG Entertainment, PlayStation Productions, 2.0 Entertainment, Columbia Pictures, Michael De Luca Productions
Distribuzione: Universal Pictures

Data di uscita: 20/09/2023

Trailer

Pubblicità
Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.